PALERMO – Hanno vinto. Ma non otterranno niente. Nonostante abbiano dovuto attendere sedici anni, prima di veder messo nero su bianco il fatto, appunto, di essere dei “vincitori di concorso”. Un concorso ambitissimo, visto che era destinato all’assunzione a tempo indeterminato alla Regione. Qualifica: tecnico bibliotecario. Ma mentre l’iter del concorso procedeva tra ricorsi e intoppi burocratici, i libri di storia raccontavano di tutto.
Il mondo cambiava, mentre gli aspiranti bibliotecari attendevano. E invecchiavano. Tra i 42 dichiarati vincitori oggi c’è anche un “classe 47”. Nato subito dopo la guerra. E vincitore di quel concorso solo oggi, a quasi settant’anni.
Ma l’attesa ha finito per culminare in una beffa. Perché nonostante i tanti anni trascorsi ad attendere, manco fossero personaggi di un libro di Garcìa Marquez, la “lettera” in cui venivano dichiarati vincitori, quei candidati non potranno essere assunti. Perché nel frattempo entravano in vigore norme nazionali e regionali che imponevano il “blocco delle assunzioni”. Vincitori, insomma. Ma vincitori di nulla, visto che il premio tanto agognato, cioè il posto di lavoro, non arriverà.
E qualcuno, ovviamente, ci aveva rinunciato già da un po’, mentre passavano gli anni e si avvicinavano quelli utili alla pensione. Non si era dato per vinto, invece, uno di loro. Il primo in graduatoria: Emanuele Nicosia ha presentato ricorsi su ricorsi. La richiesta era molto semplice: nel 2011 era apparsa la graduatoria dei candidati in posizione utile ai fini del concorso. A quella graduatoria, però, non era seguito il passaggio formale propedeutico all’assunzione: la dichiarazione che quei candidati erano, appunto “vincitori di concorso”. Da qui, come detto, i ricorsi dell’aspirante regionale, oggi sessantatreenne. Fino alla pronuncia del Cga di pochi mesi fa. Un parere col quale il secondo grado di giustizia amministrativa in Sicilia ripercorre un po’ le paradossali tappe della vicenda.
Solo nel 2011, dicevamo, l’amministrazione regionale ha approvato la graduatoria finale, “ma non ha proceduto alla dichiarazione dei vincitori temendo – scrive il Cga – che da tale circostanza potesse scaturire per via consequenziale l’obbligo alla relativa assunzione”. Un’assunzione che avrebbe violato il divieto sancito da una legge regionale del 2008 e da un’altra del 2010.
E’ proprio questa la decisione che viene contestata dall’aspirtante biblotecario regionale. Un rilievo accolto dal Cga: “il provvedimento conclusivo del procedimento concorsuale – si legge – non poteva che consistere nell’approvazione della graduatoria con contestuale dichiarazione dei vincitori. Dichiarazione, questa, che non trova ostacolo nella normativa impositiva del blocco delle assunzioni, la quale, invece inibisce la successiva costituzione del rapporto di lavoro con i soggetti dichiarati vincitori”. E quindi, procede il Cga, la “dichiarazione dei vincitori (di tutti i vincitori) è un effetto obbligato dal giudicato in esame. Non può ritenersi giuridicamente plausibile e corretto procedere al frazionamento della dichiarazione dei vincitori, dichiarazione che scaturisce quale effetto naturale e inscindibile dell’approvazione della graduatoria”.
Insomma, la graduatoria dei candidati giunti nei posti utili ai fini del concorso, coincide con quella dei vincitori. E allora? Semplice, il Cga alla fine emette un parere salomonico: “La consequenzialità diretta ed immediata paventata dall’amministrazione richiedente tra dichiarazione dei vincitori ed obbligo di assunzione dei medesimi non ha fondamento, in quanto i due momenti (dichiarazione dei vincitori e assunzione dei medesimi) insistono su piani del tutto diversi”. Insomma, essere vincitori non vuol dire dover essere necessariamente assunti. Per far valere quel diritto, i candidati dovranno eventualmente rivolgersi al giudice ordinario. E far ripartire il contenzioso. Dopo appena sedici anni di attesa.