Ha chiamato il suo libro “Ritorni – Autobiografia di un talloner”, con un richiamo al suo amore per il rugby. Paolo Piccione, politico socialista che fu presidente dell’Ars dopo il decennio di Salvatore Lauricella, ha raccolto in un libro (Pungitopo, 188 pagg., 20 euro), curato da Serena Manfrè con una bella introduzione del giornalista Piero Fagone, i ricordi di una vita. Non solo politici ma anche personali e familiari. Ottantacinque anni da compiere tra qualche giorno, Piccione ha ottima memoria nel ricostruire scenari di una Sicilia e di un’Italia che non sono più. E nel suo amarcord la storia dell’Isola si incrocia con quella sua personale, che passò anche dalla dolorosa esperienza dell’arresto e dei processi, quando esplose Tangentopoli. Quanti procedimenti in tutto? “Trentaquattro”, risponde lui pronto a Livesicilia. E quante condanne? “Nessuna e una sola prescrizione. Il presidente ci pregò di accettarla”. Due risarcimenti ingenti per ingiusta detenzione e una fiducia nella giustizia che però è rimasta. Ci crede ancora? “E’ chiaro, senza dove vai?”.
Anni difficili quelli del crollo del sistema dei partiti. “Che poi c’erano amici del Psi che per pararsi il… la buttavano sugli altri, era vero”, racconta oggi Piccione. Che dice di apprezzare molto un programma come “Sono innocente”, in onda sulla Rai: “Una cosa bellissima, chissà come gliel’hanno lasciata fare”.
Nel suo libro Piccione ripercorre la militanza nel Psi di Pietro Nenni. E ricorda “l’umanesimo” di quel leader e di quel partito. Con un aneddoto che spiega la copertina del libro, una vecchia foto sbiadita del 1966: “Risale a quando è quando è morto Carmine Battaglia, una persona di grande gentilezza. Era impegnato nel partito, una persona straordinariamente semplice. Fece una cooperativa di pastori e contadini che contrastava con le famiglie del posto. Lo ammazzarono. Intestammo la festa del primo maggio a lui. Venne Sergio Zavoli per la Rai a fare un servizio eccezionale. Noi assumemmo il fratello al partito nazionale, divenne usciere in via del Corso”.
E poi spazio a tanti ricordi personali: la famiglia, lo scoutismo, l’amore per lo sport, i viaggi, i luoghi del cuore. Tutto condito da fotografie d’epoca in bianco e nero.
Cosa manca di quei tempi? “Anzi tutto i luoghi, l’afflato, la sezione. La capacità di intervenire. Manca la capacità della politica di esserci”. Ma non crede che a un certo punto la politica c’era pure troppo? “Certo. E dire che non si sapeva come andavano le cose era una cosa cretina. Tutti lo sapevano. Come disse Bettino Craxi in quel discorso. Ci sono stati degli eccessi”.
Della politica di oggi qualcosa le piace? “Ci sono questi movimenti così detti populisti. Populisti… sono cittadini, votano. Il punto è: vale una politica priva di competenza, di preparazione?”. O, per citare un passaggio del libro: “L’impetuoso ingresso nella vita politica di nuove forze quali i Cinque Stelle pone il problema non secondario di affidare al dilettantismo la direzione di un Paese”.
E la sinistra c’è ancora? “Secondo me sì. La sinistra è un’abitudine, un sentimento. Un leader di sinistra intelligente era D’Alema. Era, per la verità. Io ho votato Sì alla riforma e ho fatto pure campagna elettorale”.