PALERMO – Francantonio Genovese, ex parlamentare del Pd poi passato a Forza Italia, è stato condannato a 11 anni dal tribunale di Messina al processo – che vede altri 22 imputati – scaturito dall’operazione ‘Corsi d’oro’ sull’uso illecito di finanziamenti erogati dalla Regione siciliana a enti della formazione professionale. Il cognato di Genovese, Franco Rinaldi, ex deputato regionale del Pd e ora di FI, ha avuto una condanna a due anni e mezzo.
Sono venti (su 23 imputati) i condannati nel processo di Messina, oltre a Genovese e Rinaldi, condanne per le sorelle Chiara Schirò, moglie di genovese, 3 anni e 3 mesi; Elena Schirò, moglie di Rinaldi, 6 anni e 3 mesi; Giovanna Schirò, 3 anni e 6 mesi. Condannati anche l’ex consigliere comunale di Messina Elio Sauta: 6 anni e 6 mesi; Melino e Natale Capone 3 anni; Stefano Galletti 3 anni e 6 mesi; Graziella Feliciotto, Cettina Cannavò e Salvatore La Macchia a 2 anni; Natale Lo Presti 3 anni; Roberto Giunta 5 anni e 6 mesi; Giuseppina Pozzi, Liliana Imbesi, Orazio De Gregorio e Domenico Fazio un anno e 3 mesi; Antonino Di Lorenzo e Carmelo Favazzo 3 anni. Assolti Francesco Buda, Salvatore Natoli e Paola Piraino.
L’inchiesta ruotava attorno a tre centri di formazione professionale che operavano in provincia di Messina: Lumen, Aram e Ancol. I riflettori della magistratura furono accesi inizialmente sull’Ancol, per accertare la legittimità dei finanziamenti ottenuti dalla Regione per 13 milioni e 600mila euro, dal 2006 al 2011.
Le indagini, dirette dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e dai pm Camillo Falvo, Fabrizio Monaco ed Antonio Carchietti, hanno fatto emergere l’esistenza di un sistema grazie al quale venivano gonfiati i prezzi delle prestazioni di servizio o degli acquisti di beni necessari per l’attività degli enti. In particolare gli inquirenti hanno accertato prestazioni totalmente simulate e sovrafatturazione delle spese di gestione. Grazie a questi artifici, i rappresentanti legali dei centri di formazione, attraverso la compiacenza dei titolari di alcune società con i quali erano legati da vincoli di parentela o di fiducia, riuscivano – secondo gli inquirenti – a documentare spese a prezzi notevolmente superiori a quelli di mercato. I centri in questione, che hanno come scopo l’organizzazione – senza fini di lucro – di corsi formativi, avrebbero così ottenuto finanziamenti per importi di gran lunga superiori ai costi effettivamente sostenuti. Accuse confermate dalla sentenza di oggi.
Già nel marzo 2014 la Procura di Messina aveva chiesto l’arresto di Genovese. Due mesi dopo la Camera, al termine di furiose polemiche politiche, ha autorizzato la richiesta di arresto nei confronti di Genovese che si costituisce la sera stesso. Poi passerà ai domiciliari.
Sia Genovese – che era stato anche segretario regionale del Pd – che Rinaldi poi, circa un anno e mezzo fa hanno deciso di passare a Forza Italia. La condanna, adesso, comporterà quasi certamente, sulla base della legge Severino, la sospensione di Rinaldi dalla carica di deputato regionale. Portando così fuori da Sala d’Ercole quello che era stato il “signore” delle preferenze, con oltre diciottomila voti.
Il posto di Rinaldi potrebbe essere preso dal primo dei non eletti nel Collegio di Messina, che è un volto noto sia di Palazzo dei Normanni che del sottogoverno di Rosario Crocetta. Si tratta di Francesco Calanna, da circa tre anni “commissario straordinario” dell’Ente per lo sviluppo agricolo (Esa) e destinatario ormai di una dozzina di proroghe o rinnovi del contratto da parte della giunta di governo. Calanna, candidato con le liste del Pd, è stato anche un animatore del Megafono, il movimento del governatore Crocetta ed è politicamente molto vicino al senatore Giuseppe Lumia.
L’avvocato di Rinaldi: “Non decade”
“Al momento non ci sono i presupposti per la sospensione del deputato regionale di Forza Italia Franco Rinaldi”. L’ha detto l’avvocato Nino Favazzo, legale di Rinaldi, cognato del deputato nazionale di FI Francantonio Genovese (al quale è stata inflitta una pena di 11 anni), ieri condannato dal tribunale di Messina a 2 anni e 6 mesi nel processo sui cosiddetti ‘corsi d’oro’. “La sospensione secondo la legge Severino c’è – prosegue Favazzo – ma solo se esistono alcuni presupposti. Nel caso di Rinaldi, e in riferimento al suo ruolo di deputato regionale, questi presupposti non ci sono. Il riferimento normativo è il decreto legislativo 235 del 2012”.