I renziani e la danza sul Ponte |L'ultimo dietrofront del governo - Live Sicilia

I renziani e la danza sul Ponte |L’ultimo dietrofront del governo

L'opera rimandata nel Dpef. Ma il gioco degli annunci non si ferma.

Infrastrutture
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La danza sul Ponte continua. Un passo avanti e due indietro, la mazurka renziana procede e non si ferma mai. L’ultima piroetta sullo spartito Ponte Sì-Ponte no arriva da Graziano Delrio. Il ministro già braccio destro dell’ex premier di recente ha sostanzialmente stroncato l’opera, spiegando a Messina che “la concessione del Ponte è stata caducata”, che dovrebbe voler dire, ricostruisce oggi un articolo del Fatto quotidiano, addio Ponte e tanti saluti alla Salini-Impregilo, con buona pace delle “penali miliardarie” che Matteo Renzi nell’autunno scorso diceva di non voler pagare, motivando così la sua intenzione di andare avanti sulla costruzione del Ponte che avrebbe dato “100mila posti di lavoro”. All’epoca, era il 2 ottobre, Delrio in piena sintonia con Renzi, argomentava al Corriere della Sera che il Ponte non era “una cattedrale nel deserto” e che andava inquadrato “all’interno del corridoio Napoli-Palermo”.

Un passo avanti e due indietro, il balletto renziano del Ponte continua. A fine marzo scorso Delrio diceva che sul Ponte “ci siamo soffermati” un po’ troppo, e quindi “bisogna prima programmare l’Alta velocità tra Roma e Reggio Calabria, perché se non arrivi a Reggio in quattro ore a che serve il Ponte?”. E quindi aspetta e spera. Anzi, non aspettare proprio visto che lo stesso Delrio aggiungeva che “adesso tra Reggio Calabria e Messina stiamo valutando diverse ipotesi”. Quali? Si vedrà. Solo qualche giorno fa il renzianissimo sottosegretario Davide Faraone, che si occupa di Sanità per il governo ma all’occorrenza propone anche visioni futuribili sulle Infrastrutture, evocava persino “il tunnel come nella Manica”. E se nel Dpef del governo post-renziano il Ponte è finito tra i progetti “che devono essere sottoposti a una revisione progettuale”, Faraone con granitica fede spiegava che la “direttrice Napoli-Palermo” resta una priorità perché “connettere la Sicilia all’Italia è un obiettivo irrinunciabile e il governo nazionale”. Ergo, “che sia il ponte o il tunnel come nella Manica è indifferente, verranno valutati i progetti e poi si deciderà”.

Insomma, le idee non mancano, per quanto confuse. Quel che è certo è “l’obiettivo. Irrinunciabile”. D’altronde, ancora questo mese un altro vecchio fan del Ponte come il ministro degli Esteri Angelino Alfano, sempre a Messina definiva l’infrastruttura “un’opera strategica per la Sicilia, la Calabria, ma soprattutto per l’Italia e l’Europa”. E anche per il mondo, volendo abbondare.

Di certo c’è solo che il Ponte non c’è. Anche se sono passati trentadue anni da quando l’allora primo ministro Bettino Craxi assicurava che l”opera avrebbe visto la luce entro il 1994. Che divenne il 2012 nell’annuncio datato 2001 dell’allora ministro Pietro Lunardi. All’epoca si parlava pure del pedaggio, che sarebbe costato 21mila lire. La lira non c’è più, il Ponte non c’è mai stato. Chissà che alla fine non lo soppianti davvero un tunnel tipo Manica, immagine che tanto lascia presagire l’ennesimo buco nell’acqua.

 


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