PALERMO – Tutti e tre condannati, a vario titolo, per concussione e corruzione. Quattro anni e due mesi a Dario Lo Bosco, ex presidente di Rfi, Rete ferroviaria italiana, nonché ex presidente dell’Ast ed ex commissario della Camera di commercio di Catania. Quattro e due mesi per Salvatore Marranca e quattro anni sei mesi per Giuseppe Quattrocchi, entrambi ex dirigenti del Corpo forestale. La sentenza è del giudice per l’udienza preliminare Wilma Mazzara che ha interdetto gli imputati per cinque anni dai pubblici uffici.
Nell’ottobre 2015 erano finiti agli arresti domiciliari. Secondo l’accusa, Quattrocchi e Marranca avrebbero incassato tangenti rispettivamente per 149 mila e 90 mila euro. Ammonterebbe invece a poco più di 58 mila euro il prezzo della presunta corruzione di Lo Bosco.
L’inchiesta della sezione reati contro la pubblica amministrazione della squadra mobile di Palermo era partita dall’appalto da 26 milioni di euro aggiudicato per ammodernare la comunicazione della Forestale. La cosiddetta “Dorsale digitale”. E qui sarebbero entrati in gioco i due dirigenti.
Nella notte fra il 3 e il 4 settembre 2015 gli agenti, coordinati dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Dino Petralia e dal sostituto Claudio Camilleri, avevano fermato in aeroporto l’imprenditore agrigentino Massimo Campione, titolare di un’impresa di costruzioni, strade e impianti eolici. Nella Audi A3 trovano una borsa in pelle di colore nero che contiene 15 fogli scritti a mano e al computer su carta intestata alla “Edilmeccanica G. Campione srl”.
Vi erano annotate date e cifre accanto ad una serie di nomi. Su alcuni si indaga ancora. Su altri, invece, si è già arrivati al processo: “Quattrocchi”, “Albero”, “Marranca”. Campione, subito dopo il controllo, diceva alla sua collaboratrice: “Chi cui cuntu ora.. di sti cosi?… intra a bursa c’erano tutti cosi… nomi… cugnumi… cunsumatu sugnu…”. Poco prima ai poliziotti Campione aveva azzardato una difesa: “I nominativi annotati su questi fogli sono tutti riferiti a muratori, carpentieri e collaboratori vari” .
Il 5 settembre l’imprenditore fu convocato alla Mobile. Il suo atteggiamento era cambiato e decise di confessare: aveva pagato tangenti. Fece i nomi di Quattrocchi e Marraffa, mentre non disse subito chi si celasse dietro la parola “Albero”: “È solo un mio compagno di scuola a cui mi rivolgo per avere consigli. Non ha mai preso soldi da me”. Poi, cambiò idea e ammise di avere pagato Lo Bosco per spingere Rfi ad acquistare un sensore per il monitoraggio dell’usura delle carrozze ferroviarie affittate a terzi. “Vedi tu quello che mi puoi dare”, gli avrebbe detto il numero uno di Rfi.
“Una sentenza che ci ha stupito – commenta l’avvocato Sergio Monaco che insieme a Francesco Crescimanno e al professore Bartolomeo Romano difende Lo Bosco -, attenderemo il deposito delle motivazioni per comprendere in base a quali elementi il giudice abbia ritenuto attendibile Campione Massimo che in altre sedi giudiziarie, invece, non lo è stato ritenuto. Naturalmente proporremo appello assolutamente certi dell’estraneità del professore Lo Bosco ai fatti addebitatigli”.