PALERMO – Il pubblico ministero della Dda di Palermo Roberto Tartaglia ha chiesto la condanna a 30 anni, in abbreviato, del mafioso Salvatore Gregoli, accusato dell’omicidio di Giampiero Tocco, rapito, davanti alla figlia di sei anni, nel 2006, da un commando di killer di Cosa nostra travestiti da poliziotti, torturato e ucciso.
Il processo, che si celebra davanti al gup Molinari, è stato rinviato per all’11 maggio per le arringhe difensive. Gregoli era accusato di aver fatto parte della squadra di falsi agenti che simularono il posto di blocco per far fermare l’auto su cui Tocco viaggiava con la bambina.
Secondo l’accusa, l’imputato si avvicinò alla macchina intimando alla vittima di scendere per un controllo. Gregoli, dopo il rapimento, sarebbe rimasto nella casa di Torretta, in provincia di Palermo, dove l’uomo venne prima torturato e interrogato e poi ucciso. Il boss Salvatore Lo Piccolo, già condannato per il delitto, voleva sapere da Tocco chi avesse ordinato l’omicidio del figlio di Procopio Di Maggio, suo alleato. Gregoli, all’epoca un affiliato di Santa Maria di Gesù, un mandamento diverso da quello dei Lo Piccolo, era comunque un uomo di fiducia del boss nel cui covo venne trovato un ‘pizzino’ in cui il padrino scriveva di “aumentargli il mensile”.
Per i pm in virtù del rapporto di fiducia stretto con Gregoli, Lo Piccolo lo scelse come finto poliziotto certo che la vittima, proprio perché di un altro mandamento, non ne conoscesse il volto. A fare il nome di Gregoli, uno degli ultimi a rispondere del delitto per cui ci sono già state sentenze di condanna di mandanti ed esecutori, è il pentito Antonino Pipitone. Il pm ha prodotto al processo una sentenza definitiva che ne attesta la credibilità: un record visto che ha iniziato a collaborare con la giustizia nel 2016.