PALERMO – Almeno una ventina, ma potrebbero essere di più secondo quanto apprende l’ANSA a Palazzo dei Normanni, sono le ‘colf’ assunte dai deputati nei gruppi parlamentari dell’Assemblea regionale siciliana. Ma non si tratta certo di persone prese per fare le pulizie negli uffici del Parlamento più antico d’Europa, bensì di personale inquadrato come “portaborse”, ai quali gli onorevoli hanno fatto firmare contratti da collaboratore domestico. Un’escamotage usato dai parlamentari per pagare meno oneri previdenziali, che non è sfuggito alla Corte dei conti che ha già ascoltato in adunanza pubblica i capigruppo dell’Ars senza però entrare nel merito della tipologia contrattuale applicata ai 162 collaboratori, tra cui i cosiddetti D6 assunti dai deputati grazie a una norma, contenuta nella legge di recepimento del decreto Monti sulla spending review approvata quattro anni fa, scattata all’inizio di questa legislatura.
Per i “portaborse” D6 ogni deputato ha disposizione un budget di 58.800 euro all’anno; l’applicazione della norma da parte dei parlamentari che avrebbero disatteso un decreto della presidenza dell’Ars che fissava alcuni criteri (ma che i capigruppo dicono di non esserne mai venuti a conoscenza) e poi l’intervento della Corte dei conti hanno creato il “caso” dei collaboratori di gruppi, che ora la Presidenza sta affrontando per cercare di mettere ordine assieme agli uffici amministrativi. L’ipotesi è un emendamento alla legge di stabilità che l’Ars deve approvare entro il 30 aprile.
“Ci sono gruppi parlamentari che hanno utilizzato i 58 mila euro derivanti dalla ‘legge Monti’ per stipulare contratti semestrali (vedi Cinquestelle). Che senso ha un contratto con scadenza così breve? Neanche il tempo di prendere confidenza con l’ambiente lavorativo e sei già fuori. Sarebbe facile, come fanno i grillini, insinuare dubbi e seminare zizzanie, ricorrendo, come fanno loro, alla demagogia. Ma non scendiamo su questo piano”. Lo scrive sul proprio profilo Fb, il presidente dell’Assemblea siciliana Gianfranco Miccichè. “In questi ultimi giorni, come è noto, sono dovuto intervenire per cercare di ristabilire un certo equilibrio sulle assunzioni temporanee dei gruppi parlamentari – prosegue Miccichè – Assunzioni che hanno fatto lievitare il numero dei precari. Ciò è accaduto perché fu recepita la norma che destinava 58 mila e 500 euro ad ogni deputato per consentirgli di circondarsi di persone qualificate in grado di coadiuvarlo nella sua attività parlamentare. Non si è tenuto conto che all’Ars c’erano già gli stabilizzati, cioè precari che negli anni precedenti avevano lavorato nei gruppi parlamentari e che poi vennero ‘assunti’. Gli uni dovrebbero escludere gli altri, in teoria. Un bel rompicapo”.
(ANSA)

