Faraone: “Voglio un partito aperto | Miccichè? C'è spazio per i moderati” - Live Sicilia

Faraone: “Voglio un partito aperto | Miccichè? C’è spazio per i moderati”

“No alle primarie non per colpa mia". Ma c'è il ricorso contro l'elezione.

IL NUOVO SEGRETARIO PD
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PALERMO – “Se le primarie non si sono svolte e sono rimasto da solo, non è colpa mia. Ora dobbiamo lavorare per cambiare questo Pd”. Davide Faraone ha “aperto le porte” del partito, cominciando dalla saracinesca della sede di via Bentivegna, simbolicamente tirata su dal nuovo segretario regionale Dem.

La giornata di oggi sarebbe stata la vigilia delle primarie, ma alla fine, dopo il ritiro di Teresa Piccione non c’è stato bisogno di montare i gazebo. “Avrei preferito che ci fosse il voto democratico. Il Pd è nato con le primarie e pensare che si potesse ripartire da lì era un motivo di orgoglio. Sarebbe stata una festa ed eravamo sicuri di vincere”, dice Faraone che poi precisa di “non voler fare alcuna polemica, così come ho fatto in tutti i giorni precedenti”. Ma se non ci sono le polemiche, non mancano i riferimenti agli “avversari mancati”: “Ho deciso di dire no ai caminetti, a quelle proposte che avrebbero portato a un segretario da laboratorio e a una unità solo fittizia. Mi hanno proposto di indicare un nome e di restare a Roma e fare il ‘puparo’. Ho detto di no: questo partito non se lo può permettere, deve ripartire e ho deciso di spendermi in prima persona”.

Al fianco di Faraone c’è Antonio Rubino, il “partigiano Dem” che adesso sta dalla parte del renziano. Attorno al nuovo segretario fa capolino anche il deputato nazionale Carmelo Miceli e l’ex assessore Giuseppe Bruno. Poco prima, sotto la sede del Pd appare anche Michele Cimino.

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“Il gesto dell’apertura della sede – dice Faraone – è il simbolo della nostra voglia di ripartire. Vogliamo un partito aperto che non stia piegato su se stesso, che investa su donne, giovani e immigrati. Il 4 marzo scorso abbiamo preso una batosta, ma temo che molti dirigenti del partito non se ne siano accorti. Serve un rinnovamento, la rottura, bisogna cambiare tutto. Dobbiamo tornare a vincere”.

Che significa partito aperto? “Qualcuno dice che io voglia fare un partito con Forza Italia, che si vuole fare un altro partito – risponde Faraone – ma è solo un processo alle intenzioni: la mia presenza qui è proprio il segno che Renzi non ha intenzione di andarsene. Certo, io voglio aprire il partito a tutti quelli che si considerano alternativi a Lega e Cinquestelle. Micciché? Se si pensa di far ripartire il partito attraverso una somma di notabili, abbiamo già perso. Se invece nasce un polo contro i populismi, che raccolga moderati e riformisti, è un altro discorso: lì c’è uno spazio politico enorme ed è una sfida che mi entusiasma”

C’è poi l’anticipazione dei primi passi da segretario: “Voglio riaprire tutti i circoli chiusi – ha detto Faraone – e anche una piattaforma social che si chiamerà ‘Proposta positiva’. Lo stesso atteggiamento dovremmo avere all’Ars, oggi completamente bloccata. Gli ultimi sondaggi ci considerano di fatto irrilevanti e anche in Assemblea bisognerà cambiare passo: dobbiamo diventare una opposizione propositiva. Cambierà anche il capogruppo? Bisogna certamente far funzionare una legislatura che finora non ha funzionato. Il tema del capogruppo lo affronteremo”.

Faraone ricorda il “crollo” del Pd capace di perdere molti voti negli ultimi anni. Ma c’è poco spazio per l’autocritica. “Il governo Crocetta? Tutti sapevano che io ero contrario e che volevo interrompere quella esperienza, ma sono rimasto solo nel partito. In realtà però tra i miei avversari c’era tutta la passata giunta regionale. Baccei? Meno male che c’era almeno lui, così come Vania Contrafatto. Non ho niente da rimproverarmi. La sconfitta di Micari alle ultime regionali? Si tratta di una gran persona che ha pagato le contraddizioni del partito con durezza in quell’occasione”.

E a proposito di contraddizioni, Antonio Rubino, che sarà il vicesegretario del partito in Sicilia, lancia un messaggio all’altro pezzo del partito: “Noi proponevamo – spiega – di scardinare un sistema. E ci siamo accorti che quel sistema si stava organizzando dall’altra parte. Ai miei amici quindi dico: c’è un momento per la battaglia e uno per la ricostruzione. Questo è il tempo della ricostruzione, non dei caminetti siciliani o romani”.

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