PALERMO- Sveva vivrà per sempre, adesso è certo. Non soltanto perché, se c’è un Paradiso, lei è già diventata la reginetta dei giochi. Ma perché al suo nome sarà legata la speranza delle anime che offrono e reclamano amore.
Tutto nasce da un dolore immenso che è rotolato in una valle di lacrime, lasciando la disperazione, crescendo in bontà. Quelle lacrime non si sono asciugate, né lo saranno mai. Non c’è una definizione per un papà e una mamma che hanno perso una figlia bambina. C’è un mutuo inestinguibile contratto con gli anni che verranno. Ci sono occhi che ti vengono addosso e gridano una identica domanda: perché? Gli occhi di Nicola, abituati a reggere in situazioni complicate, così smarriti nel breve viaggio di un ascensore. Gli occhi di Giorgia, chiarissimi, pieni di una forza che fa quasi più impressione della sofferenza stessa.
Nicola Mangiapanelli e Giorgia Brignone, due ragazzi di Pantelleria che si amano, hanno visto morire Sveva, inciampata in un male che non ha perdonato la felicità che donava agli altri. Ora hanno intenzione di creare un’associazione che protegga i piccoli malati all’Ospedale dei bambini e i loro parenti. E’ un’idea, si stanno informando, né mancano le difficoltà. Ma basta già l’intenzione per mettere in cornice un sentimento di eternità per la figlia che non c’è più, nel suo passo visibile.
E’ una storia che coinvolge persone di buona volontà. La prima è Laura Ammannato che, al tempo del ricovero di Sveva all’Ospedale dei bambini, ha ospitato i genitori nel suo B&B, ‘LeAlbe di Sicilia’ a qualche metro dal nosocomio.
Laura incontra la bimba in corsia. E ne racconta in un libro appena pubblicato: ‘Frammenti di vita, tra cappuccini e caffè’. Chi offre liberamente qualcosa, la raccolta è in regalo, finanzia l’acquisto di giocattoli per il reparto di Neuropsichiatra, dove Sveva ha trascorso alcuni dei sui giorni. Ora c’è una ‘casetta di Sveva’ per alleggerire il peso dei pazienti e dei familiari.
Papà e mamma intendono andare avanti sulla strada del dono e spiegano con voce unica: “Quando eravamo al Meyer di Firenze siamo stati accolti dalla fondazione Tommasino Bacciotti che opera lì e si occupa di rendere il soggiorno delle famiglie meno gravoso. Pensavano a tutto loro, la casa, la spesa. A Milano ci sentivamo perduti, perché dovevamo cercare un posto dove stare, una volta usciti dall’ospedale. A Firenze siamo stati accuditi con amore e ne siamo grati”. Pure in quella circostanza la pianta della solidarietà si è innestata sulla morte di un bimbo, grazie a due genitori generosi.
Giorgia e Nicola vogliono ripercorrerne le orme: “In certe situazioni ti cade il mondo addosso. Ti senti solo. Quell’assistenza è stata importantissima. Ecco, vorremmo sostenere le famiglie. Siamo appena all’inizio di un percorso e ci sentiamo determinati per dare il nome delle cose che realizzeremo alla nostra bambina. Così, ancora di più, Sveva vivrà per sempre”.
Quando ti cade il mondo addosso, sono utili una porta da tirarsi dietro le spalle, una tavola per stare insieme, un divano per abbracciarsi, un letto per affondare la faccia nel cuscino e non smettere di piangere fino all’indomani.
E dopo che è caduto, si può ripartire da qui, da un B&B a due passi dall’Ospedale dei bambini, con Laura che prepara il caffè e ha comprato al fratellino di Sveva un elicottero, un giocattolino dai versi assordanti. E lui ci gioca sul pavimento, con un fracasso tale che non si riesce nemmeno a parlare. E gli occhi rimangono smarriti, doloranti, fragili, intorno alla tavola. Ma si avverte, in sottofondo, una speranza bambina che respira.