Le nostre critiche al governo Salvini/Di Maio sono ben note. Eppure, in queste ore vogliamo esprimere un sentito e non ironico ringraziamento al vicepremier, ministro dell’Interno e leader della Lega Matteo Salvini. Un ringraziamento per avere oggettivamente riacceso l’interesse nazionale, e in Italia dove impera uno scarso senso della nazione non è un risultato da poco, sulla Festa della Liberazione e sul contrasto alla criminalità organizzata.
Una ricorrenza la Liberazione, diciamocelo francamente, che ormai segnava il trascorrere degli anni in maniera stanca e rituale, con un coinvolgimento dei giovani in via di esaurimento. Sì, un grazie a Salvini per avere fatto comprendere “plasticamente” con la sua scelta di non celebrare il 25 aprile – derubricandolo a un anacronistico derby tra fascisti e comunisti – e di recarsi piuttosto a Corleone in nome della lotta a Cosa Nostra inaugurando il nuovo commissariato di polizia, quanto invece siano intimamente connesse le battaglie condotte dalla parte migliore dell’italico popolo (con tanti dolorosi lutti) per liberarsi dal regime criminale nazi-fascista prima e dalla mafia ieri e oggi.
Del resto il fascismo sposò presto i propri interessi in Sicilia attraverso le classi dominanti terriere di allora che facilmente indossarono le camicie nere (con al seguito campieri e picciotti mafiosi armati di lupara) per conservare privilegi e ricchezze a danno dei poveri contadini e di chi li difendeva. Uno scellerato patto che durò a lungo oltre il famigerato Ventennio. Molto breve e inutile, parecchio contrastata, fu la parentesi repressiva contro il brigantaggio del “Prefetto di Ferro” Cesare Mori agli albori del fascismo.
Il nostro ringraziamento a Salvini, sicuramente suo malgrado parzialmente responsabile morale per le sue politiche populiste e sovraniste dell’incattivimento del Paese (aumento esponenziale di episodi di intolleranza, xenofobia e razzismo e riproposizione ringalluzzita di gruppi neo-fascisti), può trasformarsi in occasione per recuperare, al di là delle appartenenze politiche e di partito, ideali e idealità che dovrebbero essere comuni, consacrati nella Costituzione scritta col sangue di martiri della libertà periodicamente minacciata e sostanzialmente inapplicata.
Una democrazia non è mai al sicuro, le generazioni si susseguono, il passato rischia di ingiallirsi e a qualche furbastro può sempre venire in mente di sfruttare paure, disagio sociale, indifferenza e perdita della memoria per la conquista del potere. Dobbiamo rendere merito al M5S, finora a rimorchio del Carroccio e da noi spesso contestato, di star facendo muro sia sul fronte della memoria da conservare e alimentare (il 25 aprile) sia su quello dei gesti concreti nella lotta serrata alla mafia non limitati alle inaugurazioni di caserme e commissariati. Lo sta facendo dichiarando che la Liberazione è una festa nazionale che prescinde dalla destra e dalla sinistra, lo sta facendo chiedendo a voce alta le dimissioni del sottosegretario leghista Armando Siri, innocente fino a prova contraria ma politicamente in una scomoda posizione, indagato per corruzione nell’inchiesta sull’eolico, un affare dai risvolti inquietanti per l’intreccio con la fitta rete di complicità creata intorno al boss latitante Matteo Messina Denaro. Quando più delle elezioni contano i valori, finalmente.