PALERMO – Il “demone della lussuria” si era impossessato dei loro corpi. E l’ex colonnello dell’esercito Salvatore Muratore, che millantava di avere poteri da esorcista, con la scusa di liberarle approfittò sessualmente di tre ragazzine. Unguenti miracolosi cosparsi sui capezzoli e pratiche di masturbazione: così si sconfiggeva il diavolo.
La Cassazione ha reso definitiva la condanna, ma il processo è in parte da rifare. La sentenza di secondo grado è stata annullata con rinvio per gli abusi subite dalle tre donne, madri e zie delle giovani vittime.
Solo le motivazioni potranno fare chiarezza sulla decisione. Di sicuro Muratore non aveva alcuna capacità spirituale. Le sue preghiere di liberazione dal demonio erano bugie, usate per soddisfare i propri istinti sessuali.
Con o senza il consenso delle tre donne? È questo il cuore della questione che sarà affrontato nel nuovo processo d’appello. Al termine del precedente, ora annullato, Muratore era stato condannato a sei anni e due mesi. Se venisse meno l’accusa di violenza sessuale nei confronti delle maggiorenne la pena potrebbe essere meno pesante. L’imputato ebbe rapporti sessuali, orali e completi, solo con due delle tre vittime adulte. Mentre la terza e le minorenni, figlie e nipoti delle donne, subirono altro tipo di attenzioni. Sono tutte costituite parte civile con l’assistenza degli avvocati Antonella Arcoleo e Ambra Di Cristina.
Nel ricorso in Cassazione il legale della difesa, l’avvocato Vincenzo Lo Re, ha ribadito che dal contenuto di alcuni messaggi emergerebbe che le donne provavano un sentimento di gelosia verso l’imputato. Non si può escludere “una relazione amorosa consapevole, voluta e desiderata tra le persone offese e Muratore”. Anzi, proprio la gelosia avrebbe spinto una delle donne a denunciarlo.
La Corte di appello aveva ritenuto provato che l’imputato approfittò della “soggezione psichica e fisica e la limitazione di capacità di autodeterminazione della persona offesa” per avere dei rapporti sessuali. È stata una vittima ad ammettere che il colonnello aveva “in lei ingenerato con discorsi e azioni una sorta di infatuazione e di desiderio sessuale”. Un desiderio che, al contrario, per la difesa confermerebbe che non c’era alcuna “diminuzione della capacità di autodeterminazione”.
L’inchiesta è iniziata nell’aprile 2016, dopo la denuncia di due minorenni e della madre. L’ufficiale faceva parte di un gruppo di preghiera. Poi si arrivò a identificare anche il frate cappuccino Salvatore Anello, processato separatamente e condannato.
“Stavo male e ho pensato di farmi aiutare da santa Madre Chiesa – raccontò una delle presunte vittime che anche in cura da uno psichiatra – durante la notte vedevo delle sagome. Si muovevano le cose, si accendeva la tv da sola”. E così si affidò al frate.
Le vittime avrebbero scambiato la loro fragilità umana per un segnale della presenza del maligno. Come la donna che raccontò: “Il mio malessere non è mio, non è colpa mia se sto così, ma perché dipende dal demonio, nel mio caso riguarda il non avere figli”.
Il rapporto fra il colonnello, il prete e le vittime si sarebbe basato su quello che gli esorcisti riconosciuti dalla Chiesa definiscono “l’equivoco del diavolo”. E nella camera da letto delle donne succedeva di tutto, con la partecipazione di ragazzine che non potevano difendersi.