PALERMO – Se succede un fatto di cronaca alla Kalsa la probabilità che ci sia di mezzo un membro della famiglia Abbate è alta. Anzi, altissima. Nelle statistiche va aggiunto l’ultimo episodio. È un Abbate l’uomo che i carabinieri hanno fermato dopo che ha tentato di disfarsi, gettandola sotto una macchina, di una pistola sprovvista di matricola, completa di caricatore con due proiettili calibro 7,65 e pronta a sparare.
Si chiama Francesco Paolo Cinà, ha ventisei anni ed è nipote di Luigi Abbate (è figlio della sorella), boss storico, uno che di armi se ne intendeva a tal punto da guadagnarsi sul campo il soprannome di “Gino ‘u mitra”. La Kalsa è il loro regno. Mafia, droga, armi, estorsioni: nel curriculum nulla manca. Lunga la sfilza di precedenti anche per i fratelli di Gino, Pietro e Ottavio.
Anche i nipoti hanno avuto i loro guai giudiziari. Su tutti Antonino Abbate che è stato reggente della famiglia di Borgo Vecchio, altra zona su cui hanno esteso il loro potere, ed è imputato per l’omicidio dell’avvocato Enzo Fragalà. Ed è proprio nel corso di un’udienza di questo processo che andò in scena un siparietto.
“Non sei nessuno”, disse Antonino Abbate all’agente di polizia penitenziaria che lo invitava a cambiare cella. Il boss del Borgo Vecchio rincarava la dose: “Scendi dal piedistallo. Non sei nessuno, io posso permettermi di annacarmi perché ho la patente per annacarmi e se mi sposto è perché mi voglio spostare io e non perché me lo dici tu”.