CATANIA – Operazione “Brother and Sister”: aguzzini condannati a dieci anni. La madame, in combutta con il fratello, aveva programmato tutto nei minimi dettagli tessendo le trame dell’inganno perfetto: il viaggio, la promessa di un lavoro dignitoso e il rito juju per tenere in pugno la ragazza. Inizia così la storia di Sunny (nome di fantasia), una minorenne nigeriana che arriva in Italia per migliorare le proprie condizioni di vita e si ritrova, invece, intrappolata nelle maglie di un progetto criminale congegnato da due connazionali che volevano tenerla in schiavitù facendola prostituire.
IL PROCESSO. Il Gup, Giuliana Sammartino, ha condannato Mathew Osatohamwan (alias Briget/Osato) e Matthew Osarodion, a dieci anni di reclusione ciascuno per i reati “di tratta di persone e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”, condannandoli anche al risarcimento del danno a favore delle parti civili costituite nel processo, la giovane Sunny e l’associazione Penelope Coordinamento Solidarietà Sociale, entrambe difese dall’avvocata Elisa Bruno. Così è stato deciso in sede di processo con rito abbreviato. A scoperchiare l’inquietante vaso di Pandora è stata l’operazione “Brother and Sister” costruita su una capillare attività investigativa, coordinata dalla D.D.A. di Catania, curata dal sostituto procuratore Lina Trovato, ed avviata dalla Squadra Mobile di Catania-Sezione Criminalità Straniera e Prostituzione, in collaborazione con la Squadra Mobile di Caserta e di Foggia. L’operazione prende le mosse da una segnalazione effettuata dal personale Oim (Organizzazione Internazionale per le migrazioni) nell’agosto 2016 in seguito alla richiesta di aiuto da parte della minore.
LA STORIA. Riavvolgendo indietro il nastro, la storia, culminata con la denuncia della vittima, inizia con una promessa. La ragazza sottoposta a un rito juju si era impegnata a pagare un debito di 15000 euro contratto con i due connazionali per il viaggio. Se il patto scellerato non fosse stato onorato, Sunny avrebbe pagato in prima persona anche con la morte. Da qui, partono una serie di minacce rivolte anche ai parenti della ragazza. Sunny arriva a Catania il 21 luglio del 2016 e ben presto lascia la struttura che la ospita per seguire il connazionale e raggiungere la madame ad Aversa. Una volta arrivata a destinazione, la aspetta un’amara sorpresa: è costretta a prostituirsi.
LA FUGA E LA FINE DI UN INCUBO. Da qui la richiesta di aiuto all’Oim e l’intervento degli agenti che la mettono in protezione. La giovane racconta tutto: la promessa di un lavoro onesto che l’ha spinta a lasciare il proprio paese, la rassicurazione che non avrebbe fatto la prostituta e il rito juju per impegnarla a pagare i 15000 euro per le spese di viaggio. Un prestito da onorare, pena una serie di disgrazie o addirittura la morte. La giovane racconta tutto e le intercettazioni fanno il resto. In seguito alla fuga della vittima i due sfruttatori provano ed escogitare un piano per ritrovarla e progettano un nuovo tentativo di asservimento tramite riti voodoo. L’idea è di munirsi di frammenti di vetro di finestrini di autovetture o di treni coinvolti in incidenti mortali per rendere ancora più efficace la minaccia. Il piano non vede la luce perché i due finiscono in manette. Le catene dell’assoggettamento di Sunny sono finalmente spezzate. L’associazione Penelope, da anni impegnata a sradicare la piaga della tratta di esseri umani, commenta positivamente la sentenza e l’operazione che ha portato alla luce la vicenda. “Un importante risultato reso possibile grazie al lavoro sinergico tra le Istituzioni coinvolte (Tribunale per i Minorenni di Catania, Procura presso il Tribunale per i Minorenni di Catania, DDA di Catania, Squadra Mobile, Oim, associazione Penelope, il tutore, strutture di accoglienza) e dal sistema multiagency messo in atto sul territorio nel contrasto al fenomeno della tratta degli esseri umani, permettendo e agevolando il percorso di autodeterminazione e di raggiungimento della piena autonomia delle vittime, reso possibile soprattutto dal loro coraggio, e dalla decisa volontà di sottrarsi al giogo della schiavitù fisica e psicologica, ponendo le basi per una vita libera ed indipendente”, commentano.