GIARRE. Sono finiti in manette stamani con l’accusa di associazione di tipo mafiosa i pluripregiudicati Giovanni Calì, 41enne giarrese, e Benedetto La Motta, 56enne ripostese, quest’ultimo ritenuto dall’accusa il referente nel comune marinaro del clan mafioso Brunetto di Fiumefreddo di Sicilia. Alle prime luci dell’alba i carabinieri della Compagnia di Giarre hanno dato esecuzione a due ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal Gip di Catania Anna Maggiore.
Nel corso della lunga attività investigativa, condotta dai militari giarresi e coordinata dalla Procura di Catania, sarebbe emerso proprio il ruolo apicale ricoperto da “Benito” La Motta all’interno della cosca, legata secondo gli inquirenti alla famiglia mafiosa Santapaola. Le indagini hanno preso il via all’indomani del brutale assassinio del 22enne Salvatore Vadalà, il giovane di Fiumefreddo di Sicilia scomparso il 27 novembre del 2008 e ritrovato undici giorni dopo senza vita, sepolto sotto 50 centimetri di terra in un agrumeto di Mascali. Fin da subito i sospetti degli investigatori caddero su alcuni affiliati al clan Brunetto. Ma dalle indagini non emersero elementi probatori sufficienti a dimostrarne la colpevolezza.
Quattro anni dopo l’attenzione degli inquirenti tornò sui membri dello stesso clan. Le indagini sulla scomparsa, nel giugno del 2012, del pregiudicato giarrese Giorgio Curatolo, ritenuto dall’accusa vicino alla cosca Brunetto e probabile vittima di lupara bianca, hanno permesso di ricostruire il quadro probatorio scaturito oggi nei provvedimenti restrittivi. Fondamentali anche le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. La Motta era già stato raggiunto, lo scorso luglio, da un’ordinanza di custodia cautelare per lo stesso reato, nell’ambito dell’operazione “Fiori bianchi”, condotta dalla Dda di Catania, riuscita a decapitare il clan Santapaola. Pochi giorni dopo, però, il pluripregiudicato era tornato in libertà per un cavillo procedurale. Calì, invece, che si trovava agli arresti domiciliari per furto aggravato, ricoprirebbe nel clan un ruolo marginale. Secondo l’accusa, infatti, sarebbe un semplice esecutore di ordini.
I due arrestati sono stati rinchiusi nel carcere di Bicocca a Catania.