CATANIA – Chissà cosa avrebbe provato oggi Ninetta Burgio mentre il Gup di Catania Oscar Biondi leggeva la sentenza di condanna a 18 anni e 8 mesi per Vincenzo Pisano e Marcello Campisi accusati dell’omicidio del figlio Pierantonio Sandri. Del giovane odontotecnico si persero le tracce a Niscemi il 3 settembre 1995, e i resti furono ritrovati nel bosco niscemese di contrada “Ulmo”, nel 2009.
Questa mattina nell’aula del Tribunale di Catania dove si è svolta l’ultima udienza del processo celebrato con il mancava proprio lei, Ninetta, la “mamma coraggio” morta nel 2011. La professoressa ha lottato anni e anni affinchè il nome di Pierantonio ritornasse pulito dopo che i mass media lo avevano etichettato come vittima di una lupara bianca e, quindi, coinvolto in qualche affare criminale. Il diciannovenne, invece, era stato ucciso solo perché aveva visto troppo: Pierantonio aveva assistito all’incendio di un’auto appiccato da un gruppo mafioso criminale. Negli anni ’90 era in corso la faida tra gli Stidda di Caltanissetta e Cosa Nostra.
Una pena “durissima” quella del Giudice Biondi, che supera anche le richieste di pena del Pm Raffaella Vinciguerra: rispettivamente 16 anni per Pisano e 14 per Campisi. Ai due sono state concesse le attenuanti generiche per aver confessato l’omicidio, ma è stato contestato l’aggravante mafiosa nell’esecuzione del delitto. Prescritto, invece, il reato per occultamento di cadavere. La difesa rappresentata dagli avvocati Donatella Singarella del foro di Catania e Michele Ambra di Caltanissetta, rispettivamente legali di Marcello Campisi e Vincenzo Pisano avevano chiesto al Gup nella loro arringa la riqualificazione del reato in omicidio preterintenzionale e di escludere l’aggravante mafiosa. “Ora aspettiamo di attendere di leggere le motivazioni – dichiara a LiveSiciliaCatania l’avvocato Donatella Singarella – che saranno depositate entro 90 giorni, ma siamo già pronti a presentare ricorso in appello”.
La svolta nell’inchiesta dell’omicidio Sandri avviene nel 2009, quando il collaboratore Giuliano Chiavetta si autoaccusa del delitto e ne rivela anche il movente: era testimone oculare di un atto incendiario fatto di notte da Salvatore Cancilleri. Sarà lo stesso Chiavetta a indicare con precisione alla squadra mobile il luogo esatto dove il 19 settembre 2009 saranno ritrovati i resti del cadavere di Pierantonio. Sarebbero quattro dunque le mani criminali che avrebbero ucciso il giovane Sandri: Vincenzo Pisano, Marcello Campisi, Salvatore Cancilleri (in attesa di giudizio) e il collaboratore di giustizia Giuliano Chiavetta, già condannato a 16 anni di reclusione. Ninetta Burgio, nel giorno del ritrovamento dei resti disse: “Per 14 anni ho scalato una montagna di dolore. Non sapevo dove fosse mio figlio, che cosa gli avessero fatto, ero circondata dal silenzio della città. Ma ora su quella montagna abbiamo piantato la bandiera della verità”. Oggi su quella bandiera alla verità è stata aggiunta la parola giustizia.