CATANIA – Tornano a scrivere a Live Sicilia. Sono i parenti di Gianluca Bianca, il comandante del peschereccio Fatima II, scomparso il 13 luglio del 2012. “Mi devono cercare mio marito”. E’ l’appello di Monica Patania: moglie disperata che ogni giorno deve spiegare ai suoi tre bambini, due femminucce e un maschietto, che il loro papà è lontano ma tornerà presto. L’ultima volta che ha dato un bacio a suo marito Gianluca è stato il 10 luglio, alle 13. Un saluto, lo stesso, che si scambiavano ogni campagna di pesca per la cattura del pesce spada. Il suo predatore del mare. “Dove è lo Stato?” si domanda Monica. Mesi di silenzio, questi, in cui la famiglia Bianca si sente abbandonata dalle istituzioni.
Il racconto di quello che è accaduto la scorsa estate è pieno di nodi oscuri, vuoti e misteri che accendono nuovi interrogativi. La ricostruzione degli investigatori italiani è poco dettagliata. Il Fatima II, peschereccio della marineria siracusana di Porto Palo di Capo Passero, lascia Siracusa il pomeriggio del 10 luglio. A bordo il comandante Gianluca Bianca, 35 anni, e l’equipaggio composto da tre siracusani e due egiziani. L’imbarcazione, secondo il racconto dei marinai siracusani, nella notte tra il 12 e 13 luglio è nel tratto di mare tra la Grecia e l’Egitto, ed è in quel momento che scatta l’ammutinamento. I tre siciliani salgono a bordo delle scialuppe di salvataggio, mentre – sempre secondo le loro dichiarazioni – Bianca era rimasto in ostaggio dei tre nordafricani. I tre siracusani torneranno a casa dopo essere salvati da una nave mercantile che li porta in Grecia. Da lì un volo diretto in Italia.
“L’ultima volta che ho sentito mio marito al telefono erano le 15.30 del 12 luglio – racconta Monica Patania – Poi il silenzio. Il 15 luglio, dopo che non avevo notizie da giorni, mi sono rivolta alla Capitaneria di Porto. Lo stesso giorno, nel pomeriggio, è arrivata una chiamata alla moglie di uno dei tre marinai siracusani. Io ero lì davanti a lei e sentivo quello che si dicevano. Raccontava che i due egiziani e il tunisino li avevano minacciati ed erano stati obbligati a lasciare il peschereccio. Gianluca, invece, gli avevano detto che lo avevano ucciso e gettato in mare”. Da questo punto il racconto si fa confuso. “Quando gli abbiamo chiesto se avevano sentito degli spari – continua Monica – hanno risposto di no”.
Il 21 luglio il peschereccio viene ritrovato alla deriva a largo delle coste egiziane a pochi chilometri da Alessandria di Egitto. Nessuno a bordo. La speranza per un attimo si era riaccesa nella famiglia Bianca, ma invece tutto è tornato nell’oblio. “Non ci aiuta nessuno – è lo sfogo amaro di Monica – se mio marito è in ostaggio, è in prigione, chi lo sta cercando? Ci hanno abbandonato”. Lei crede che suo marito sia ancora vivo? La risposta è piena della speranza di una donna che non si arrende. “Io conosco mio marito, è un uomo di mare. Secondo me è ancora vivo, non si è fatto ammazzare”. La mamma di Gianluca, Antonina Moscuzza non si da pace: “Voglio giustizia per mio figlio. Perché non interrogano il tunisino? Perché i siracusani non raccontano la verità?” Punti di domanda che non hanno dopo sei mesi ricevuto risposte. Marco Malandrino, cognato del marinaio scomparso, è l’autore della lettera inviata a Live Sicilia. “Mi chiedo se allo Stato italiano – scrive – importa delle sorti di un giovane ragazzo di 35 anni”. Nella missiva sono contenute parole dure nei confronti delle istituzioni, frutto di un silenzio che chiede di essere riempito dalla verità.
La famiglia si è rivolta all’avvocato catanese Giuseppe Lipera per cercare di avere un confronto con le istituzioni. “Un mistero che non accenna a trovare soluzione – afferma il legale a Live Sicilia – nonostante siano passati sei mesi. La versione data dai lavoratori siciliani sull’ammutinamento e sul possibile omicidio del comandante non convince la famiglia Bianca. E’ tempo ormai che ogni interrogativo trovi risposta – continua Lipera – per questo nei prossimi giorni torneremo alla carica con la Farnesina, chiederemo l’interessamento del Presidente della Repubblica e ci rivolgeremo alla Procura della Repubblica di Roma. Utilizzeremo tutte le armi che abbiamo a disposizione per muovere le acque. Per la scomparsa di Missoni si sono avviate ricerche su tutti i fronti, perché non si è fatto lo stesso per Gianluca Bianca? – si interroga l’avvocato catanese – La comunità italiana non può più aspettare di conoscere la verità su quanto è accaduto il 13 luglio in quel tratto di mare”.