PALERMO – Inutile aprire un caso o fare processi, come già qualcuno avrebbe voluto fare in occasione della maglia lanciata al momento della sostituzione. Che Franco Vazquez non stia vivendo il periodo più positivo da quando ha ritrovato una maglia da giocatore del Palermo è chiaro, ma da qui a lanciare campanelli d’allarme sul suo stato di forma sembra un’esagerazione. Il ritiro, che tanto bene ha fatto a tutta la squadra, non ha riconsegnato ai palermitani un Vazquez “rigenerato”, bensì il solito Vazquez dal sinistro vellutato e con una classe inarrivabile per quasi chiunque all’interno del gruppo. Poco male: il Mudo, d’altronde, era stato il migliore indiscusso del Palermo nelle uscite precedenti. Non avere ulteriori segnali di miglioramento, oltre ad essere lecito, era prevedibile. Si tratta pur sempre di un giocatore al primo vero impatto con la serie A e gli alti e bassi ci stanno. Così come, per uno che di ruolo fa il trequartista e non la punta, può starci un periodo di digiuno realizzativo. Qui, però, deve essere lui ad accettarlo per primo.
La mancanza di reti è un argomento su cui sembra volerci indirizzare Iachini, sebbene in maniera blanda. Al termine della sfida contro l’Udinese, il tecnico rosanero ha parlato proprio di astinenza da marcature per il fantasista argentino, usandola come parziale attenuante per una prova non certo positiva. In effetti, l’ex Belgrano è a secco dal 3-3 di Napoli: da lì in poi, due sconfitte pesanti (Lazio ed Empoli) e il ritiro in Friuli, dal quale il Palermo è tornato con un Dybala in più nel motore. Il rischio che la stella della Joya stia pian piano oscurando quella del Mudo è praticamente nullo, perché le giocate non mancano e l’intesa tra i due resta perfetta. È comunque innegabile che, al miglioramento di Dybala, non sia corrisposto un salto di qualità di Vazquez. Soprattutto nel periodo post-ritiro, quando il Palermo ha cambiato marcia.
Contro il Cesena non sono arrivati segnali negativi, mentre a Torino contro la Juventus è naufragata tutta la squadra. Le prime avvisaglie di nervosismo arrivano nel match casalingo col Chievo, dove Vazquez è spesso costretto a prendersi palla a centrocampo e il suo raggio d’azione è notevolmente arretrato. Al momento della sostituzione si arrabbia con Iachini e getta via la maglietta: un gesto che verrà seguito dalle sue immediate scuse ma che spacca il fronte due parti. Da un lato c’è chi vorrebbe fargli rimettere i piedi per terra, dall’altro c’è chi gli dà ragione. Di fatto, il “malessere” dell’argentino ha iniziato a far breccia. Contro il Milan prova a segnare in tutti i modi, sbattendo su un Diego Lopez che evita ai rossoneri un passivo più pesante. Contro l’Udinese è Karnezis a dirgli di no a più riprese, in una serata che però non è assolutamente positiva.
Paulo Dybala, che meglio di chiunque altro conosce Vazquez in quel gruppo, deve aver capito come risolvere il suo problema: fargli fare gol. Come insegna Iachini, però, quando la serata non gira allora c’è ben poco da fare. Karnezis gli para pure un calcio di rigore e Vazquez finisce nell’occhio del ciclone. Quello di concedergli il tiro dagli undici metri è un gesto di solidarietà che se fosse andato a buon fine avrebbe trasformato mediaticamente la coppia nei nuovi Baggio e Schillaci, che fecero lo stesso nel Mondiale del ’90. È andata male, e allora giù con le critiche, perché la partita non era ancora chiusa e prima bisogna pensare al bene della squadra che a quello del singolo. Come se a tirare quel rigore fosse stato l’ultimo degli scarponi o come se farlo calciare nuovamente a Dybala avesse dato la certezza di una seconda rete.
Di tempo per rimuginare su quell’errore, Vazquez, ne avrà a volontà. La pausa per le nazionali servirà per dare respiro ad un giocatore fondamentale nell’economia del gioco di Iachini e magari per ritrovarlo al massimo della forma. Che il gol non sia fondamentale, però, deve esserlo lui a capirlo: a Milano, così come col Cesena, non è servito un gol per portare a casa consensi. Se ci sarà una nuova occasione dal dischetto, va bene che sia di nuovo lui a provarci. L’importante è che non ci sia l’assillo di doverla buttare dentro a tutti i costi. Il Palermo può vincere anche senza i suoi gol, ma non senza la sua classe.