CATANIA – In una casa di via Canfora a giugno del 2018 c’era un singolare via vai di boss mafiosi. E lo stesso sospettoso andirivieni si notava qualche mese dopo, precisamene a gennaio 2019. Uomini d’onore del calibro di Alessandro Salvaggio e Salvatore Privitelli del clan di Barrafranca – famiglia collegata storicamente a Cosa nostra siciliana – erano in trasferta a Catania.
I due boss frequentavano l’appartamento in cui il padrino ennese Raffaele Bevilacqua stava scontando i domiciliari. Per il Ros non ci sarebbero dubbi: tra quelle mura si stavano svolgendo veri e propri summit mafiosi. Con rituali che ricordano i periodi più bui della storia della mafia siciliana, come il ‘baciamano’ per salutare il capo famiglia della cittadina ennese.
È solo uno dei retroscena “catanesi” dell’operazione della Dda di Caltanissetta che oggi ha colpito la cosca mafiosa ennese che avrebbe anche collegamenti con narcotrafficanti alle falde dell’Etna.
Raffaele Bevilacqua, d’altronde, era un criminale che aveva molti legami con la mafia catanese e calatina. Per l’omicidio di Domenico Calcagno, ucciso in una giornata di festa nella tranquilla Valguarnera Caropepe nel 2003, ha avuto il sostegno di alcuni boss storici della famiglia catanese di Cosa nostra.
Calcagno avrebbe avuto la colpa di tentare di farsi consegnare il pizzo (per conto del boss Gaetano Leonardo) da un’imprenditore delle costruzioni che già pagava le altre famiglie mafiose. Un azzardo che gli è costato la vita. Due killer lo crivellavano di colpi una sera di primavera.
Alcuni anni dopo arrivava la sentenza di condanna di mandanti e killer: Bevilacqua, Ciccio La Rocca, boss della famiglia di Caltagirone, Alfio Mirabile, all’epoca rappresentante del clan Santapaola-Ercolano (deceduto nel 2011), e i due brontesi Francesco Montagno Bozzone e Vincenzo Sciacca. Quest’ultimi erano elementi della cellula alleata alla famiglia Mazzei di Catania.
Ma c’è uno storica ‘liaison’ tra La Rocca e i Carcagnusi. Ma questo è un altro romanzo criminale.