PALERMO – “La legge elettorale nazionale non cambierà, il centro dovrà scegliere fra i riformisti e i conservatori: se il Partito Democratico a Palermo rinunciasse ai moderati, commetterebbe un clamoroso errore perché il 2022 può essere un laboratorio in grado di condizionare le Regionali e tutta la politica italiana, dandole stabilità. Mettiamo insieme il M5s, il Pd, +Europa, Azione, le forze civiche e di sinistra, senza rinunciare a Italia Viva e provando a tirare dentro anche l’Udc, Cantiere popolare e, se ci starà, pure Forza Italia. Una grande coalizione riformista per vincere le amministrative di Palermo, tutte le scadenze elettorali successive e liberare il Paese dall’incubo del sovranismo”. Nel dibattito sulle alleanze in vista delle Comunali del prossimo anno che sceglieranno il successore di Leoluca Orlando, interviene il deputato nazionale Carmelo Miceli: “Basta con battaglie e divisioni ideologiche non adeguate ai tempi – dice a Livesicilia – Gli schemi del passato sono già superati”.
Onorevole Miceli, sono recenti le polemiche interne ai dem sul rapporto con Orlando e sul 2022. Intanto il Pd a Palermo come sta?
“Potrebbe e dovrebbe stare meglio. Il partito che immagino io dovrebbe essere protagonista della scena politica, non andare a rimorchio. Ci sarebbero tutte le condizioni per fare di più e invece ci si accontenta di agire di rimessa sulle dichiarazioni di Italia Viva, di Leoluca Orlando o di altri, anziché essere protagonisti: dovremmo essere uniti e dettare i tempi chiamando tutti al confronto, dire al sindaco che deve stare dentro agli organismi del Pd e non fuori, invece lasciamo l’iniziativa agli altri. Non è un caso che il nostro gruppo consiliare rimanga fermo a due componenti. Quando ti proponi come la brutta copia di una sinistra identitaria o di un’area riformista, e lasci l’iniziativa agli altri, non sei mai attrattivo”.
E la colpa secondo lei è del segretario Rosario Filoramo?
“Filoramo è segretario da un anno. In tanti ci aspettavamo che una persona d’esperienza come lui, dopo un’elezione all’unanimità, facesse della sintesi e della collegialità la sua forza. Con rammarico, invece, abbiamo scoperto direttamente dai giornali che, senza alcun mandato dell’assemblea, aveva immaginato di puntare su una coalizione che guardava ai moderati solo come ultimo approdo; così come abbiamo appreso direttamente dai giornali che, senza alcun preavviso e condivisione, aveva deciso di attaccare a mezzo stampa ora il Sindaco Orlando, ora Italia Viva o di accreditare e legittimare incontri tra singoli pezzi del Pd e pezzi di altri partiti. Ecco, questo modo di dirigere il Partito mi preoccupa perché legittima il liberi tutti”.
La stampa in effetti ha raccontato di accordi fra pezzi del Pd e pezzi del M5s, di un dialogo avviato fra gli orlandiani e singole correnti dem…
“Personalmente non ho problemi a parlare con Leoluca Orlando o con il M5s: ero segretario provinciale quando il sindaco aderì al Pd, sarebbe assurdo dimenticare quanto è stato fatto, e in Sicilia sono stato fra i primi a scommettere sull’esperimento di Termini Imerese dove Pd e 5 Stelle hanno vinto insieme. Però bisogna guardare alla realtà: pensare di escludere i moderati da una futura coalizione su Palermo significa condannarsi alla marginalità. Usando gli occhi della responsabilità politica, in Sicilia potremo dare vita a una grande coalizione e riformista e essere determinanti anche a livello nazionale”.
I moderati, cioè Italia Viva?
“Non solo Italia Viva. Il ragionamento è semplice: la legge elettorale nazionale difficilmente cambierà e l’idea di un ritorno al proporzionale è destinata al dimenticatoio. Se sarà così, il progetto del centro per il centro di cui alcuni parlano si prospetta limitativo, destinato a non avere proiezione nazionale, se non nell’ottica di un’improbabile tripolarizzazione dell’offerta polita, dalla quale, in ogni caso, deriverebbe la condanna del Paese all’instabilità. A mio avviso, in un’ottica destinata a rimanere maggioritaria e bipolare, i centristi saranno chiamati a scegliere da che parte stare, se con i riformisti o i conservatori. E questo varrà a maggior ragione a Palermo e in Sicilia, dove i moderati sono una componente determinante nella scena politica. E mi consenta di completare il ragionamento prendendo in prestito le parole del collega Elio Vito…”.
Il deputato di Forza Italia, componente del Copasir?
“Esatto, proprio lui. Vito sulla stampa ha detto che Forza Italia nel tempo si è snaturata: era nata come forza riformista e oggi è diventata un avamposto centrista dei conservatori. Una presa di coscienza importante che impone al Partito Democratico di spingere gli azzurri a decidere fra il campo dei riformisti e quello dei conservatori. In quest’ottica, le scelte per Palermo 2022 potrebbero avere implicazioni molto più grandi non solo sulle amministrative e sulle Regionali, ma sulla stabilità della politica nazionale. Da ottobre l’Italia sarà chiamata a una lunghissima serie di scadenze in cui le alleanze saranno determinanti: prima le amministrative di Roma, Milano, Bologna, Torino e Napoli, a seguire Comunali di Palermo, poi le Regionali siciliane e infine le Politiche. E in mezzo a tutto questo ci sarà pure l’elezione del Presidente della Repubblica. Tutto si lega. E il Pd di Palermo dovrebbe avere l’ambizione di condizionare questi appuntamenti, gettando con coraggio le basi di un nuovo percorso e di nuove alleanze”.
E non ha questo coraggio?
“No, non mi pare. Anzi, mi sembra sia schiavo di retaggi, incubi e ripicche. La reazione sullo scontro fra Orlando e Italia Viva è figlia di un passato che va lasciato alle spalle, di guerre fra correnti del Pd che ormai non ci sono più. Lasciare andare Iv nel centrodestra per ripicca a Faraone è un errore politico grave. E regalare Italia Viva al centrodestra, usando il pretesto dell’infelice frase del ‘modello Draghi per Palermo’, non è politica. Il Pd, semmai, dovrebbe fare da perno e obbligare tutti a uno schema riformista, spiegare che una proposta di un centro per il centro non è sufficiente, che abbiamo la grande opportunità di costruire un blocco che dia stabilità a tutta la politica italiana”.
Non crede al modello Draghi…
“No, un’alleanza Pd-Lega non è possibile né a Palermo, né alla Regione. Siamo incompatibili e anche l’esperienza Draghi lo sta dimostrando”.
Quindi un’alleanza composta da chi?
“Un’alleanza che comprenda il Pd, il M5s, +Europa, Azione, i movimenti civici, la sinistra, Italia Viva, ma anche l’Udc, Cantiere popolare e, se ci starà, anche Forza Italia. Tutto questo può partire proprio da Palermo. E il fatto che il segretario provinciale non riesca a vederlo è un problema. Noi a livello nazionale siamo già al governo con Forza Italia, ci eravamo già stati con Monti. E vorrei far notare un’altra cosa: in passato il Pd in Sicilia ha vinto quando si è alleato con forze moderate, a Palermo l’elezione del 2017 di Orlando è stata la conseguenza di un’alleanza trasversale che teneva dentro tanto centro e anche il Nuovo centrodestra di Alfano. Immaginare una battaglia di testimonianza identitaria sarebbe miope e irresponsabile. Il migliore dei regali possibili per Salvini e la Meloni”.
Tra Orlando e il Pd sembra sia sbocciato di nuovo l’amore…
“L’attacco del segretario provinciale Filoramo di qualche giorno fa a Orlando è stato scomposto: avere lasciato trasparire l’idea che il Pd stia puntando ad un progetto fatto solo con il M5s e le realtà civiche, quasi alternativo a Orlando, è stato un errore. Non solo perché una linea come questa non è mai stata deliberata negli organismi di partito, ma anche e soprattutto perché attaccare Orlando nel giorno in cui si sanciva la rottura con Italia Viva ha dato al sindaco la legittimazione a rivendicare una interlocuzione diretta col Pd nazionale. A volere vedere il bicchiere mezzo pieno, emerge un dato inequivocabile: se anche Orlando rivendica l’appartenenza al Pd, mi pare evidente che il Pd è un contenitore valido per la costruzione di un futuro progetto vincente. E se uomini come Giambrone fanno lo stesso, auspicando uno schema che, passando per il Pd, vada dal Movimento 5 Stelle ai moderati, senza sbarrare la porta neanche a Forza Italia, allora la grande coalizione riformista, alternativa a quella conservatrice può essere davvero possibile. Spero che Filoramo se ne renda conto. Se vuole ascoltare un consiglio, convochi un’assemblea provinciale del Partito, inviti il sindaco Orlando a partecipare alla presenza della segreteria ragionale e nazionale e si cominci da quel luogo a dare il via a questo nuovo percorso”.
Lei propone un’alternativa all’ipotesi di coalizione limitata a Pd, M5s e sinistra perché la considera elettoralmente debole?
“Se l’attuale centrodestra si presentasse unito alle elezioni, decisamente sì. Mentre se si presentasse diviso potrebbe anche essere competitiva, almeno al primo turno. Ma la questione non è di puro calcolo elettorale. Con una coalizione moderata e riformista per la città si darebbe vita a un laboratorio politico, alternativo al sovranismo, in grado di stravincere a Palermo al primo turno e di opzionare la vittoria alle Regionali e alle Politiche. Uno schema ampio che potrebbe trovare un primo punto di incontro già a partire dall’elezione del prossimo Presidente della Repubblica”.
E la sinistra? A Palermo c’è Giusto Catania, a livello regionale Claudio Fava…
“La sinistra non può giocare con logiche precostituite, nessuno vuole lasciarla fuori dal campo dei riformisti, anzi ci stanno di diritto. Ma vanno abbandonate dichiarazioni di principio del tenore di ‘mai più con Italia Viva’ o ‘mai con Forza Italia’. Un percorso comune è possibile, individuando un programma di cose da fare e delle persone capaci di farsi garanti e interpreti di tale programma”.
Il M5s secondo lei accetterebbe di correre insieme a Forza Italia?
“Hanno dimostrato in più occasioni grande maturità, oggi sono una forza in grado di comprendere le ragioni per cui uno schieramento del genere è necessario. Governando con Salvini hanno capito di non essere conservatori”.
Orlando ha due posti vuoti: pensa che almeno uno debba andare al Pd?
“Ho letto dichiarazioni secondo le quali cui il Pd non sarebbe interessato alla giunta. Al di là del fatto che tale posizione non è stata assunta da organismi collegiali, ciò che mi lascia perplesso è la ragione che sembra trasparire da tale presa di posizione, ossia il convincimento del fatto che, se il Pd non indicherà nuovi assessori in giunta, tra un anno ci potremo presentare alle urne raccontando agli elettori che il Pd e Orlando erano due cose diverse. Non sarà l’ingresso o meno in giunta adesso a determinare il giudizio dei palermitani sul nostro partito. A mio avviso, invece, il Partito Democratico dovrebbe affrontare la questione con un piglio diverso, iniziando dal chiedere a Orlando una cosa fondamentale: è pronto a mettere questo ultimo scorcio di sindacatura, e non solo due posti in giunta, a disposizione di chi vuole e può costruire una grande alleanza riformista per Palermo 2022? E se la risposta di Orlando fosse affermativa, allora tutta la gestione del prossimo anno dovrebbe essere questione di interesse non solo del Pd ma anche del M5s e di tutte le forze politiche interessate a lanciare un progetto nuovo per la città”.