Claudio Fussone (Finanziamenti Pubblici) – La Commissione Politiche dell’Unione Europea del Senato ha effettuato un’indagine conoscitiva sui profili di utilizzo dei Fondi Comunitari in Italia al fine di approfondirne ed evidenziarne gli eventuali margini di miglioramento.
L’attenzione posta sulle criticità nell’impiego dei finanziamenti europei nasce dalla considerazione diffusa di un loro non sempre pieno ed efficiente utilizzo con la conseguente perdita ed eventuale riallocazione verso altri Paesi.
Il primo caposaldo della relazione è senza ombra di dubbio che, a differenza di quanto accaduto in precedenza, il nostro paese risulta oggi essere tra i migliori utilizzatori dei Fondi Strutturali facendo registrare mediamente risorse disimpegnate per lo 0,37% (meglio di quanto non facciano Regno Unito, Francia, Germania e Belgio).
Tuttavia, quella dell’utilizzazione è una questione delicata che, di per sé, non porta come conseguenza diretta lo sviluppo socio economico di un territorio. Il problema reale, che l’indagine ben evidenzia, non è quindi quello della quantità delle risorse impiegate bensì della qualità degli investimenti effettuati. In tal senso la posizione dell’Italia è deficitaria.
In un contesto di espansione dei confini UE verso Paesi a sviluppo economico ritardato e di riforma della politica di coesione, tale criticità assume una rilevanza ulteriore in considerazione del fatto che verosimilmente il periodo 2007-2013 sarà, per molte Regioni italiane, l’ultima vera opportunità.
Sarà sempre più importante, quindi, non solo spendere, ma riuscire soprattutto a spendere bene.
L’inadeguatezza qualitativa dei progetti d’investimento italiani rappresenta un problema indubbiamente complesso, irto di molteplici e variegate sfumature e che può essere associato a macro criticità tipiche del nostro Paese.
L’indagine del Senato evidenzia tra queste i limiti tecnici e amministrativi, i limiti di coordinamento, i limiti culturali e di informazione.
Analizzando i principali punti evidenziati, uno dei primi problemi che emerge risulta quello dell’eccessiva lunghezza del ciclo dei progetti.
La durata di questi supera, a causa delle normativa assai complessa, di gran lunga una legislatura e sembra quindi orientare la politica a ritenere un successo il finanziamento dell’opera piuttosto che la sua realizzazione e piena operatività.
Gli strumenti che possono essere adottati per farvi fronte sono quelli delle “Leggi obiettivo” anche per le infrastrutture non strategiche, il benchmarking tra le regioni, l’abolizione dell’effetto sospensivo di seconda istanza del Consiglio di Stato e quello di un ruolo più attivo delle istituzioni nell’indirizzare il dibattito politico e pubblico verso una valutazione dei risultati concreti ottenuti con l’impiego dei fondi.
Il fine di tali misure dovrebbe essere quello di garantire una riduzione dei tempi di realizzazione delle opere pubbliche assai più lunghi di quelli dei nostri cugini europei.
Queste considerazioni devono comunque essere inserite in un quadro di attività finalizzate alla semplificazione dei procedimenti amministrativi che attualmente contribuiscono al grave rallentamento dell’iter.
Si è poi posto l’accento sulla discontinuità politica ed amministrativa come elemento fortemente problematico nella progettazione e nella realizzazione dei programmi.
In questo senso si rendono necessarie scelte ampiamente concertate e condivise, espressione di un forte impegno politico, condiviso da esecutivo ed opposizione, che si concretizzi nella definizione di un quadro programmatico, strategico e finanziario unitario.
Le infrastrutture non devono essere né di destra né di sinistra ma del popolo italiano.
A seguire nell’indagine si evidenzia lo scarso utilizzo delle risorse finalizzate all’assistenza tecnica dei programmi comunitari. Tali somme potrebbero dare un contributo importante alla qualificazione delle spese di investimento
Di interesse, a riguardo, la proposta di creare appositi master post-universitari che formino giovani esperti nella materia.
Altro tema fondamentale è quello del livello e della qualità dell’informazione, il quale tocca trasversalmente tutte problematiche evidenziate dallo studio.
Una più efficace e mirata informazione è indispensabile non solo per migliorare la qualità dei progetti che spesso non in linea con i programmi europei, ma anche per facilitare la corretta compilazione delle domande di adesione ai bandi.
Sulla base dei contenuti reperibili nell’indagine e alla luce di quanto riportato emerge un quadro in cui si è ancora distanti da un uso ottimale delle risorse comunitarie.
Va comunque evidenziato, a ragion del vero, che il nostro Paese ha dimostrato di aver compiuto negli ultimi anni progressi di grande portata nell’utilizzo dei Fondi comunitari, anche se dovranno indubbiamente essere compiuti ancora molti passi in avanti, sia dal punto di vista della cultura amministrativa e metodologica, sia dal lato di una visione politica e programmatica maggiormente orientata al raggiungimento effettivo di obiettivi strutturali che tengano conto delle logiche di lungo periodo.