“Quannu mori l’erba tinta”. E’ il titolo di questa bellissima inchiesta video che racconta, più di mille parole, il mercato del lavoro a Palermo. L’abbiamo scritto: il meccanismo è consolidato e si basa su una legge fisica inattaccabile. La pressione della disperazione organizzata in forma di violenza e ricatto produce consenso politico e sociale per il capobastone di turno destinato a carriere luminose. Chi ce la fa diventa deputato, altri restano consiglieri comunali. Non è un discrimine d’onestà, è un risultato che dipende dalle capacità personali e dalla botta di fortuna.
Sullo sfondo, una tragedia in cui ognuno trova una propria convenienza: il miserabile spera di riuscire ad appigliarsi a una delle tante tavole apparecchiate, il capopopolo assicura lauti pasti per sé e per i suoi familiari. La trasparenza invocata dalla dottoressa Di Liberti è morta da tempo e non per colpa sua. La compravendita opaca del lavoro è il primo motore di sviluppo dei sederi in cerca di poltrone.
Altrimenti, se qui in Sicilia la politica fosse basata su merito e intelligenza, non si spiegherebbe la presenza in parlamento di certi “onorevoli” che sfigurerebbero come comparse in un film di Lino Banfi. E’ la logica di un potere corrotto che si perpetua. Le mani in pasta le hanno tutti, al di là delle professioni di purezza e innocenza che, francamente, aumentano i sospetti.
Guardate il video che fa onore alla tradizione del giornalismo siciliano di strada e rabbrividite. Oppure giriamoci dall’altra parte, come è consueto costume. Verso la fine, si vedono a braccetto Mimmo Russo e il presidente Lombardo, davanti a una platea plaudente. Cioè, il Gran Visir degli ex Pip nell’occhio del ciclone e il governatore della moralizzazione e del blocco delle assunzioni. Probabilmente, anzi sicuramente, si tratta di un coincidenza irrilevante. Ma vorremmo sentire su questo una parola del Presidente della Regione. E magari anche sul resto.