CATANIA – La seconda Corte d’appello di Catania ha rideterminato la pena per due dei quattro imputati accusati di avere abusato nella ‘scalinata’ della Torre Normanna di Paternò di due ragazzini, di età inferiore ai 14 anni. In primo grado la sentenza era stata emessa, il 13 marzo del 2020, dal Gup Anna Maria Cristaldi, a conclusione del processo celebrato col rito abbreviato. Uno degli imputati è lo zio di una delle vittime.
La Corte d’appello ha confermato le condanne a 12 anni di reclusione per O. P., e ad otto anni per G. G.. I giudici hanno assolto per alcuni episodi A. M. e concesso a lui e a S. O. le attenuanti generiche, rideterminando la pena, rispettivamente, a cinque anni e quattro mesi di reclusione e a quattro anni e otto mesi.
Il Gup aveva condannato il primo a nove anni e sei mei e il secondo a otto anni. Tre di loro erano stati arrestati nell’ottobre del 2018 da carabinieri che avevano avviato le indagini dopo la denuncia della madre di un ragazzino che aveva notato l’adescamento subito dal figlio su Facebook da parte di un adulto, che in passato era stato condannato per violenza sessuale su minorenni commessa nel 1995. Militari dell’Arma, coordinati dal pool specializzato della Procura di Catania diretto dall’aggiunto Marisa Scavo, scoprirono una chat su WhatsApp, ‘gruppo di amici’, con adulti e minorenni che si scambiavano messaggi ambigui.
Gli accertamenti avevano allarmato anche i familiari del principale indagato, i quali, consapevoli del precedente penale del congiunto, hanno notato l’atteggiamento di particolare interesse che aveva manifestato nei confronti di un nipote. Parlando con il ragazzino, sono riusciti a farsi confidare che lo zio lo aveva indotto, nei mesi precedenti, ad una pratica sessuale con un amico, che aveva anche lui meno di 14 anni.