PALERMO – “L’accreditamento conferito non sembrerebbe più conforme al perseguimento dell’interesse pubblico che ne aveva giustificato il rilascio”. Sono queste poche parole a sancire, di fatto, l’inizio della fine. È partito il procedimento di revoca dell’accreditamento per l’ente di Formazione Anfe. È questo uno degli effetti dell’inchiesta che ha portato ai domiciliari l’ormai ex presidente Paolo Genco.
“Si apprende da notizie di stampa – così inizia la nota della dirigente Maria Teresa Garofalo – che il Gip del Tribunale di Trapani ha emesso su richiesta della competente Procura della Repubblica di Trapani ordinanza di applicazione di misure cautelari reali e personali nei confronti del legale rappresentante pro tempore di Anfe delegazione regionale Sicilia”.
E la nota fa espressamente riferimento al “merito” di quelle indagini. “In particolare, – si legge – è stata contestata dall’Organo inquirente la presunta indebita percezione di contributi pubblici in danno dell’assessorato regionale dell’Istruzione e della Formazione professionale, e dell’Unione Europea”. Dalle indagini, ricorda la dirigente dell’assessorato, sarebbe emerso che Genco “in accordo con apparenti fornitori dell’ente, mediante emissione di fatture false di acquisto di attrezzature informatiche per lo svolgimento dei corsi di formazione dal 2010 al 2013, avrebbe percepito dall’amministrazione regionale – prosegue la nota – finanziamenti per beni e servizi mai effettivamente acquisiti e resi”.
Quanto basta, appunto, per parlare di incompatibilità dell’accreditamento con l’interesse pubblico, oltre che di “violazione delle disposizioni dell’accreditamento 2015”. Così, parte l’avvio del procedimento di revoca. L’Anfe ha dieci giorni di tempo per presentare osservazioni e memorie. E già da oggi l’accreditamento è sospeso.
Così, sono in bilico i 700 dipendenti dell’ente. L’Anfe, infatti, con la patente sospesa, ricorda il dirigente dell’assessorato, non potrebbe “erogare atività orientative e/o formative”. Oggi l’Anfe è impegnato, oltre che sulle attività residuali degli anni precedenti anche e soprattutto nei corsi cosiddetti “Oif”, quelli relativi all’obbligo formativo destinati ai giovanissimi. “Valutati gli interessi pubblici – scrive però l’assessorato – sottesi al completamento delle attività formative ed ogni altra circostanza pertinente e al fine di tutelare gli interessi degli allievi e le relative legittime aspettative in merito al loro futuro occupazionale – prosegue la nota – consente per il momento il completamento delle attività in corso”. Per il momento. Ma quello che oggi preoccupa di più i 700 lavoratori è il domani.