Angelino al bivio - Live Sicilia

Angelino al bivio

Il Pdl, superato da Miccichè, deve pronunciarsi sul nome di Nello Musumeci,cedendo ancora una volta ad altri il ruolo di candidato e ingoiando il rospo di un patto con i lombardiani, dopo due anni di guerra. L'alternativa, più improbabile, sarebbe una corsa solitaria con Cascio o Lagalla

E adesso si aspetta solo Angelino Alfano. Ripetendo un copione già visto alle recenti amministrative, il Pdl arriva buon ultimo nella scelta sul candidato da sostenere alle regionali d ottobre. Era già accaduto in primavera, quando i veti incrociati interni al partito avevano suggerito ai berluscones di attendere l’apertura di Massimo Costa, in origine candidato del Terzo polo, per salire sul suo carro, con esiti tutt’altro che felici. Lasciata alle spalle la scoppola delle amministrative, inclusa la dolorosa sconfitta in casa nella sua Agrigento, per Alfano è cominciata la grana delle regionali. Un partito spaccato, diviso tra catanesi e palermitani l’un contro l’altro armati come rumorose tifoserie sulle opposte curve dello stadio, il Pdl ha visto trascorrere i giorni mentre dall’altra parte Rosario Crocetta macinava chilometri in campagna elettorale. E adesso, spiazzato dall’endorsement di Gianfranco Micciché per Nello Musumeci, si ritrova al palo, di fronte alla mai gradevole alternativa del bere o affogare.

Si è partiti dal dibattito sulle primarie, quell’oggetto misterioso che Alfano, insediandosi come segretario del Pdl, aveva indicato come strada maestra del nuovo corso dei berluscones. Nessuno ne ha mai più udito parlare, e non solo in Sicilia. Dopo settimane di tatticismi, sembrava fatta per la candidatura del ribelle Gianfranco Miccichè. Macché, altri veti hanno fatto saltare il tavolo, riportando in corsa il derby palermitano tra Francesco Cascio e Roberto Lagalla. E lì un’altra raffica di incontri, faccia a faccia, interventi romani del diplomatico Gianni Letta, con il costante sottofondo del silenzio di Alfano. Fino all’uscita a sorpresa del solito Miccichè, che un’ora dopo aver dichiarato la sua ferma intenzione di non fare passi indietro, ha lanciato la candidatura dell’ex presidente della Provincia di Catania.

La fuga in avanti di singoli esponenti del Pdl in direzione Musumeci è già partita. Da Salvo Pogliese a Francesco Scoma e Diego Cammarata si sentono già i primi applausi. Le voci ufficiali del partito per il momento tacciono, ma da qui a stasera dovrebbero rompere il silenzio. Anche l’alleato di ferro Saverio Romano in un democristianissimo comunicato ha espresso un prudente giudizio positivo su Musumeci. Ora si aspetta solo Angelino.

Il prezzo da pagare, per una grande alleanza di centrodestra, è il patto con i lombardiani. Cioè contro il bersaglio di anatemi, scomuniche e insulti degli ultimi due anni. Nei quali Lombardo e il suo Mpa sono stati il male assoluto nei comunicati stampa e nei pubblici comizi dei berluscones siculi. Per vincere, adesso, toccherà dire abbiamo scherzato. E accodarsi alla gioiosa macchina da guerra allestita per battere Crocetta e scongiurare la prima storica sconfitta degli ultimi vent’anni. Una sconfitta che indebolirebbe ulteriormente il segretario del Pdl, finito un po’ nell’ombra dopo l’annunciata ridiscesa in campo di Silvio Berlusconi.

Alfano, insomma, non può permettersi un altro passo falso. Fin qui, nella sua breve ma intensa carriera politica, ha ben giocato le sue carte, sfruttando al meglio le sue due grandi qualità. La prima, quella che fece scattare il colpo di fulmine col Cavaliere, è la sua abilità comunicativa: Alfano è bravo in tv, gestisce bene i confronti, trasmette un’immagine rassicurante. La seconda è la sua democristiana capacità di gestire i rapporti nel Palazzo, basta pensare al suo rapporto con Mario Monti. Luci che fin qui hanno brillato più delle ombre dei non pochi passi falsi. Sotto la sua guida, infatti, il Pdl siciliano si è ritrovato all’opposizione, con un gruppo parlamentare all’Ars quasi dimezzato dopo due scissioni, ha perso le amministrative trasmettendo un’immagine di marginalità, ha perduto il timone di comando di una coalizione sempre più balcanizzata.

Temporeggiare non è più possibile. Alfano, Schifani, Cascio e Castiglione sono di fronte a un bivio. La prima possibilità è quella di accodarsi a Musumeci. Castiglione e Firrarello dovrebbero accettare l’alleanza coi lombardiani, per fermare la quale avevano stoppato Francesco Cascio: una mezza debacle. Boccone amarissimo anche per ex An come Nania e Formica, che sì sponsorizzavano Musumeci ma in chiave antilombardiana, e che adesso dovrebbero spiegare ai propri elettori le ragioni di questo patto col diavolo. Analogo imbarazzo per il Pid di Saverio Romano. Con un’aggravante: ancora una volta Palermo cederebbe a Catania il primato, dopo l’era di Lombardo. E nel capoluogo, l’uomo forte, anzi fortissimo, tornerebbe a essere Gianfranco Miccichè, kingmaker di Musumeci, inviso a romaniani e lealisti proprio per il suo feeling con Lombardo. Il prezzo politico da pagare per una vittoria, probabile, insomma sarebbe senz’altro alto.

Resterebbe la seconda opzione, la più azzardata e meno probabile. Quella di abbandonare al proprio destino i “sicilianisti” che si coaguleranno attorno a Musumeci e puntare su un proprio candidato, politico come Francesco Cascio o tecnico come Roberto Lagalla, che raccontano sia seriamente intenzionato a correre. Una proposta politica aperta a chi ci sta, magari col sostegno di Romano e dei suoi, che possa sfondare tra indecisi e apartitici grazie alle buone credenziali del magnifico rettore. Per giocarsi una partita che si potrebbe vincere o perdere (ma con tre candidati forti in campo, più gli altri nomi in corsa, non è facile che una coalizione da sola ottenga la maggioranza) ma che non consegnerebbe alla marginalità il partito che per anni ha fatto il bello e il cattivo tempo in Sicilia. Ma adesso si aspetta solo Angelino Alfano.


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