PALERMO – “Mi meraviglia che la mia vicenda marginale e insussistente, sia stata usata per oscurare e colpire l’opera meritoria di moralizzazione che l’Agenzia per i beni confiscati sta effettuando. Mi meraviglia come Lei, invece di insistere sul mio nome, non abbia chiesto quale magistrato ha autorizzato alcuni amministratori a ricoprire 60 o 70 incarichi”.
Così l’avvocato Mario Bellavista si inserisce nel bollette dibattito sull’amministrazione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia. Non prende solo le difese di Giuseppe Caruso che guida l’Agenzia per i beni confiscati, ma lancia un duro attacco contro Rosi Bindi, presidente della Commissione nazionale antimafia che nei prossimi giorni si riunirà a Palermo.
Nel coso dell’audizione di Caruso, la Bindi aveva contestato al prefetto, tra le altre cose, la nomina di Bellavista a commissario liquidatore di una società del costruttore Pietro Lo Sicco, di cui era stato difensore nel processo penale. Bellavista non ci sta e non le manda a dire. Ecco cosa scrive.
Egr. Presidente Bindi,
finchè si è trattato di disinformazione provocata da certa stampa, mi è parso superfluo rispondere, ma quando la stessa disinformazione la colgo dalle Sue parole pronunciate in sede di Commissione Antimafia, ritengo opportuno formulare alcuni chiarimenti.
Lei non mi conosce e non conosce la mia tradizione familiare legata all’avvocatura. Non sa, certamente, che un Avvocato Bellavista ha fatto parte dell’Assemblea che ha redatto la nostra Costituzione e che la mia è la quinta generazione di avvocati. Non sa che il sottoscritto, avvocato da più di venti anni, ha amministrato società con 2000 dipendenti e importanti capitali sociali.
Ma ciò che mi rendo conto che non sa, viste le Sue ripetute richieste rivolte al Prefetto Caruso, è che quando il sottoscritto è stato convocato avanti al notaio per la nomina di liquidatore di una società confiscata, nel momento stesso in cui ha appreso che la società da liquidare era stata confiscata a tale Lo Sicco, ho immediatamente fatto presente di esserne stato il difensore, sia pure 13 anni fa e per un reato per il quale era stato assolto, e a tale dichiarazione verbale, ne ho immediatamente fatta seguire una formale e scritta.
Ovviamente, per garantire la continuità e nell’attesa della convocazione di una nuova assemblea, mantengo solo formalmente l’incarico senza svolgere alcuna attività.
Ma ciò che mi meraviglia è che la mia vicenda marginale e insussistente, sia stata usata per oscurare e colpire l’opera meritoria di moralizzazione che l’Agenzia per i Beni Confiscati, pur nella carenza di mezzi, sta effettuando.
Mi meraviglia come Lei, invece di insistere sul nome Bellavista, non abbia chiesto quale magistrato ha autorizzato alcuni Amministratori a ricoprire 60 o 70 incarichi. Quale magistrato abbia autorizzato pagamenti di parcelle per milioni di euro. (Le faccio presente che una legge della Regione Siciliana, limita i compensi per gli amministratori pubblici a 30000 euro lordi per i presidenti dei cda.) se vi siano familiari di magistrati o di amministratori che hanno ricoperto o ricoprono cariche o incarichi all’interno delle amministrazioni giudiziarie.
Se qualche amministratore giudiziario si trovi in conflitto di interessi attuale e non di 14 anni fa. Ma questo Lei sicuramente lo avrà riservato ad ulteriori sedute di approfondimento.
Per mia indole, difendo chi ritengo accusato ingiustamente, e per questo mi sento di difendere l’operato dell’Agenzia per i Beni Confiscati e del Prefetto Caruso che la mafia ha combattuto sulla strada e non da una comoda poltrona a migliaia di chilometri di distanza.
Onorevole Presidente, credo che molto più del Dott. Caruso, sia certa magistratura a delegittimare se stessa, quando per difendere le proprie posizioni alza un muro e persiste in comportamenti che rischiano di apparire illegittimi.
Credo che concentrando l’attenzione sulla mia posizione si sia tentato di sviare la Sua attenzione dall’opera meritoria del Prefetto Caruso che sta scoperchiando pentole mai aperte.
Sono certo che la Sua intelligenza non cadrà nella trappola del depistaggio già usata durante i tempi bui della prima Repubblica della quale Lei è stata una Autorevole Protagonista.