PALERMO – Ieri la cerimonia presso la Corte di Cassazione, oggi tocca, invece, alle 26 corti di Appello del territorio nazionale. Questa mattina, così, presso la Corte di Appello del Tribunale di Palermo, si è svolta l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2022.
L’inaugurazione dell’anno giudiziario presso la Corte di Cassazione e presso i distretti di Corte d’Appello è un’occasione di dibattito pubblico sull’amministrazione della giustizia nel Paese e nei diversi distretti, volto a far emergere i principali problemi del sistema giustizia e a dare conto dei più significativi orientamenti giurisprudenziali civili e penali.
Prima di iniziare il suo discorso, il Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Palermo ha rivolto un deferente saluto al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che sta completando in questi giorni il suo mandato di Capo dello Stato.
“L’anno che si è appena concluso – ha dichiarato Antonello Armetta – è stato caratterizzato, come il precedente, da scelte orientate da una pandemia che ha sconvolto la vita, i piani, le previsioni di tutti noi. Il nostro ruolo di operatori del diritto ci impone di riflettere sulle ulteriori problematiche che sono degradate sullo sfondo ed apparse meno importanti di quanto siano nella realtà. L’avvocatura – ha proseguito – si è battuta per trovare soluzioni, invocando il dovuto intervento di un Ministero che, piuttosto che comprendere cosa stesse accadendo, è parso preoccupato solamente della possibilità che fosse messa in discussione l’ubicazione di un museo che nessuno intendeva contestare, e non certo del dramma di migliaia di Avvocati che ritenevano di meritare un intervento giustamente risolutivo. Assistiamo all’ennesima, aberrante creazione di un Ufficio per il processo che partirà solo grazie all’impegno dei vertici degli uffici giudiziari ed alla forza lavoro in gran parte proveniente dai nostri albi. Il disegno è semplice, chiaro: una struttura di staff, che accompagnerà il Magistrato, con funzioni che però, ed in tutta sincerità, onestamente non abbiamo compreso fino in fondo”.
Nel suo intervento, il Presidente Armetta ribadisce come l’ufficio del processo non potrà essere la panacea della giustizia. “Siamo davvero certi – ha chiesto – che la giustizia possa essere velocizzata dalla ulteriore compressione dei termini di costituzione in giudizio o dalla necessaria articolazione dei mezzi di prova negli atti introduttivi, come sarà previsto nella prossima riforma? Abbiamo assistito ad un concorso singolare – prosegue – nel quale, solo dopo la scadenza dei termini per la presentazione delle domande, si è intervenuti a gamba tesa e come mai prima d’ora sulla nostra Legge professionale, superando il baluardo dell’incompatibilità tra lavoro dipendente e professione forense, così creando da un lato un gravissimo precedente e, dall’altro, una evidente disparità di trattamento tra chi ha partecipato al concorso sapendo di doversi cancellare e chi, al contrario, aveva deciso di non farlo proprio in considerazione delle norme ordinamentali vigenti. Ed oggi, cosa altrettanto grave, scaduti i termini per l’indicazione della sede prescelta, il Governo nemmeno si è accorto di non aver posto alcun principio di incompatibilità territoriale tra l’esercizio della professione e l’appartenenza all’ufficio per il processo, come sarebbe stato fin troppo logico prevedere. Un Avvocato potrà, oggi, svolgere due attività antitetiche nello stesso circondario, nello stesso Tribunale, nella stessa sezione, senza che qualcuno abbia pensato di regolamentare l’ovvio”.
Armetta chiude il suo intervento ricordando come l’obiettivo di accelerazione dei processi non debba, però, compromettere la sfera dei diritti soggettivi. “L’Avvocatura non può accettare, in silenzio, il passaggio da una giustizia orientata al vero ad una giustizia orientata alla mera e celere definizione del giudizio, in cui contino solo celerità, velocità, efficienza ed in cui l’accertamento degli interessi delle persone è eventuale, ma non indispensabile”.