La Sicilia, come la Calabria e la Campania, utilizza artifici di ingegneria finanziaria che consentono all’amministrazione di rendicontare la spesa dei fondi comunitari, anche se in realtà queste risorse non sono state utilizzate. In particolare, la Regione ha appostato somme in due fondi, uno per il venture capital (Jeremie, 60 mln) e l’altro per lo sviluppo di aree urbane (Jessica, 148 mln). Questo tipo di procedura, sebbene sia consentita dai regolamenti comunitari, non trova pieno consenso dal ministero per la Coesione territoriale.
“Tale scelta – scrive il ministro per la Coesione territoriale, Fabrizio Barca nella sua ultima relazione – appare dettata dal vantaggio in termini di rendicontazione delle spese più che una fondata valutazione della loro appropriatezza e della loro dotazione finanziaria”. Dice il dirigente del dipartimento per la programmazione della Regione siciliana, Felice Bonanno: “Si tratta di strumenti previsti dai regolamenti comunitari, se serve dare uno strattone forse si dovrebbe dare alla Commissione europea”.
Il ministro sostiene che “all’aumento di spese rendicontate che è conseguito a queste scelte non è infatti generalmente corrisposto alcun utilizzo dei fondi – ancora non operativi – con benefici nulli per le imprese e rischi elevati di non riuscire a utilizzare le risorse così appostate e non riprogrammabili, entro la data di chiusura dei programmi”.
(nella foto il presidente Lombardo)