PALERMO – “Attenzione: la situazione venuta alla luce oggi potrebbe ripetersi. Senza una riorganizzazione del dipartimento si lascia spazio al malaffare. Ma politica e sindacati fanno orecchie da mercante”. Ludovico Albert, fino a qualche mese fa, era il direttore generale della Formazione. A lui si deve la scoperta delle presunte truffe finite al centro dell’inchiesta della Procura di Palermo: “Era gennaio 2012 – racconta oggi – e l’abbiamo scoperto per caso”.
Ecco, partiamo da qui. Torniamo a quasi due anni fa. Come avete capito che c’era qualcosa che non andava?
“Per caso, per puro caso. C’erano dei signori che dovevano ricevere dei soldi dalla Regione e protestavano perché non li avevano ricevuti. Abbiamo fatto delle indagini e abbiamo scoperto che non era un caso isolato. Era possibile, insomma, che quella situazione non fosse dovuta a un solo individuo, ma a un clima complicato che c’era in quegli uffici. Per questo siamo andati in Procura”.
Che clima c’era?
“Una situazione complessa, in particolare negli uffici di sostegno alle attività del direttore, ad esempio agli Affari generali. Insomma, si trattava di persone che non erano lontane, anche fisicamente, da quello che facevo io. Questo è stato particolarmente spiacevole: quando scopri che persone a cui hai dato fiducia non la meritano, rimani con l’amaro in bocca”.
Parliamo di sensazioni o di qualcosa di concreto?
“Beh, posso dire che c’era un clima complicato. Qualcosa che riguardava il funzionamento. In quei mesi, in quelle settimane, uscivano strane informazioni catastrofiste sul fondo sociale. Erano informazioni che provenivano da quegli ambienti”.
Poi, appena Crocetta è arrivato, c’è stata una rotazione. I fatti sono legati?
“Io Crocetta non ho mai avuto il piacere di incontrarlo. Gli ho fatto arrivare una segnalazione su queste vicende. Immagino che la rotazione derivi da questo”.
Noto una punta d’amarezza. Immagino che, alla luce dei fatti di stamattina, senta come un’ingiustizia il suo allontanamento.
“Naturalmente l’amaro in bocca c’è. Ma preferisco evitare di commentare la vicenda”.
Ok, allora parliamo dei suoi anni alla Regione. Per quel che lei sa della macchina regionale situazioni del genere possono tornare a verificarsi?
“Io non conosco il resto della Regione, posso parlarle del dipartimento Istruzione e Formazione. E su questo fronte, al di là di questi episodi di malaffare in senso stretto, la risposta è sì: il clima che c’era era determinato da un’organizzazione molto sbagliata”.
Sbagliata in cosa?
“Il dipartimento ha un numero molto grande di dirigenti, e quindi di servizi. Il lavoro è diviso per funzioni, non per processo. Significa che ogni cosa che facciamo è molto spezzettata, e quindi non si porta mai a termine. È per questo che i tempi della Regione sono eterni, ma non solo: quando le cose sono così complicate è facile che ci sia il malaffare. Per due motivi: il primo è che se la macchina ha troppi pezzi controllarla tutta è impossibile, e il secondo è che per un semplice calcolo delle probabilità più sono le persone coinvolte più è probabile che ci sia qualcuno non limpido. Ma io mi sono dato da fare per ristrutturare il dipartimento”.
Risultati?
“Alla fine del 2011 è stata approvata una delibera di giunta che andava in quella direzione. Quella delibera, però, è rimasta lettera morta”.
Perché?
“Perché c’è stata una sollevazione degli uffici. A protestare erano anche le persone oggi finite sotto accusa. La politica e i sindacati non hanno ritenuto di dover fare andare avanti quella riorganizzazione”.
Quindi, rotazione a parte, oggi tutto funziona come ieri.
“Esatto. I sindacati hanno fatto di tutto per bloccare la riorganizzazione e la politica non è stata sollecita nel mandarla avanti. Le condizioni perché domani torni il malaffare scoperto oggi sono ancora lì”.