Nel gioco delle schermaglie tra 5 Stelle e Lega, indecisi su tutto, si inserisce anche il tema dell’autonomia differenziata. Con i leghisti a spingere e i grillini a frenare. L’argomento, saggiamente silenziato mediaticamente sotto elezioni, è in verità cruciale per il futuro del Mezzogiorno. La riforma, avviata dal Pd nella scorsa legislatura e cavalcata ora dalla Lega realizzerà secondo i più critici una “secessione mascherata”, che definitivamente rischia di scavare un solco non più colmabile tra il ricco Nord e il Mezzogiorno. Ma a intellettuali, accademici, giornalisti e politici perplessi dall’operazione che metterebbe le ali a Lombardia e veneto, si aggiungono adesso i dubbi istituzionali della Corte dei conti. I magistrati contabili in settimana hanno riferito alla Commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo tutti i loro dubbi sulla riforma.Un monito, quello della Corte, a cui è seguita la brusca frenata del governo delle ultime ore, con un ridimensionamento notevole dei contenuti della riforma che non è piaciuto affatto ai governatori del Nord.
In estrema sintesi, la Sezione Autonomie della Corte dei conti fa notare che parlare di autonomia senza prevedere un fondo di perequazione è contrario alla Costituzione. In parole povere, che ognuno marci alla velocità che gli consente la sua ricchezza è un’ingiustizia se non si mettono le regioni del Sud nelle condizioni di recuperare il divario dovuto tra l’altro alla carenza di infrastrutture. Un concetto quanto mai evidente per esempio in un’estate in cui in Sicilia addirittura sono spariti i treni tra Palermo e Messina, tanto per dirne una.
La Corte chiede una “riflessione attenta” prima di varare la norma reclamata dalle regioni ricche del Nord. Perché questa rischierebbe di aggravare il divari col Sud, contro principi costituzionali inderogabili, dall’uguaglianza all’unità e indivisibilità della Repubblica. Per la Corte dei Conti è necessaria soprattutto la definizione degli schemi di perequazione regionale, distinti tra spese Lep (fondate sui fabbisogni standard) e spese non Lep (basate sulla capacità fiscale), “in quanto condizione propedeutica per la completa ed effettiva realizzazione del federalismo fiscale”. “lep” e “perequazione” erano due pilastri della riforma federalista, i pilastri che dovevano servire proprio a garantire i più poveri. Guarda casa, sono le due parti della riforma che più di tutte le altre sono rimaste lettera morta.
E mentre i magistrati contabili mettevano in guardia dai rischi della secessione mascherata, nelle stesse ore Confcommercio con il presidente Carlo Sangalli illustrava i dati relativi al tracollo del Mezzogiorno. Negli ultimi dieci anni il Pil pro capite del Sud è calato dell’8,1% dal 2008 al 2018, a fronte del -1,8% del Nord-Est. I dati sono contenuti nello studio «Nord Italia verso l’Europa, Sud altrove». Nel Nord Ovest il Pil pro capite è di 32.000 euro, nel Sud di 17.100 euro. Il divario nelle opportunità di lavoro contribuisce a fare del Sud, ha detto il direttore dell’ufficio studi, Mariano Bella, «un luogo di passaggio per chi ha la possibilità di andare altrove». Tra il 2015 e il 2018 la popolazione al Mezzogiorno è diminuita di oltre 222 mila unita. “Come se sparisse da un anno all’altro una città meridionale di medie dimensioni”, si leggeva nel Rapporto Svimez 2018.Le proiezioni dello Svimez prevedono da qui al 2065 un saldo negativo di più di un milione e 200mila persone nell’Isola, che porterà la Sicilia a scendere sotto i quattro milioni di abitanti. E saranno abitanti sempre più vecchi e quindi sempre più fuori dal lavoro. Un quadro nel quale l’autonomia differenziata rischia di dare il colpo di grazia al già morente Sud. Tutti elementi che hanno spinto il governo, soprattutto i 5 Stelle che al Sud hanno la loro base di consenso, a ridimensionare in queste ultime ore il testo, scartando una serie di prerogative dall’assunzione degli insegnanti all’autonoma gestione delle infrastrutture.
“Ben venga il regionalismo differenziato a patto che il fondo perequativo e, quindi, l’equilibrio che lo Stato deve assicurare a tutte le Regioni sia garantito anche nell’applicazione del 116 della Costituzione – ha detto venerdì il presidente della Regione Nello Musumeci -. Con la piena applicazione del fondo perequativo e delle regole che ne disciplinano l’uso le regioni del Sud non hanno nulla da temere”. Sì, “perequazione” è la parola chiave. Quella verso la quale fin qui sono state fatte solo orecchie da mercante.