PALERMO- Per i mondelliani questi giorni sono giorni di lutto. Quanto prima si potrà assistere al rito della capanna smontata, per alcuni momento di massima goduria, perché la spiaggia torna ad essere tale e smette di sembrare un villaggio abusivo, peraltro eccessivamente affollato. Se ci si ferma in silenzio si possono sentire le voci di chi, da qualche parte nei dintorni, sta smantellando e chiudendo la casa estiva, il rumore delle sedie a sdraio che si chiudono, le zip delle valigie. Ci sono i fantasmi del popolo dell’estate ancora sul bagnasciuga, l’eco delle risate dei bambini è nell’aria e qualche carta di gelato rotola al vento in mezzo alla piazza.
Ma mondello a Settembre non è solo questo. Gli invasori estivi di Mondello non lo sanno, ma c’è una forma di vita alternativa ed invidiabile, tra un minuscolo Luna Park e una panineria, ed è fatta da chi lì ci vive tutto l’anno. Queste persone non sono cittadini che hanno deciso di trasferirsi in una villa sul mare né sono surfisti (de noartri) che sono lì ogni giorno. Loro sono gli abitanti di ‘Mondello paese’, zona ben lontana, soprattutto filosoficamente, dal locale figo dove i mondelliani prendono l’aperitivo, dal circolo nautico o dalla Capannina, che si va beh, in teoria ha cambiato nome, ma resterà sempre Capannina.
E adesso, mentre noi riprendiamo non senza fatica il ritmo invernale nel traffico del centro, loro si riappropriano delle loro stradine, dei loro spazi e del profumo della pioggia sul mare, senza intrusi. Perché loro esistono. E non sono i gestori dei moletti, i baristi, i camerieri dei ristoranti e il tabaccaio, comparse di un’estate di abitudini divertite e appuntamenti quotidiani che regalano familiarità. Non sono i bottegai che del sovraffollamento estivo fanno guadagno, pronti a servire tutti sfoderando grandi sorrisi ma che sanno quanti, dei volti dell’estate, rivedranno in pieno inverno. Abbiamo la sensazione di sentirci a casa quando sotto un sole eccessivamente caldo ordiniamo in rosticceria del cibo da portare in barca o beviamo la crema di caffè. In realtà non siamo che nell’anticamera. Loro rappresentano solo l’anello di congiunzione tra noi e l’abitante di Mondello, li chiamiamo per nome, forse sappiamo qualcosa delle loro vite, ma sono solo il tramite, l’interprete.
Mondello paese è un’isola, dove la coppia di anziani ti guarda da dietro le persiane se passi di notte, dove il salotto di casa è sulla strada, dunque si da una passata di scopa anche sul marciapiede. Sono volti che si confondono tra folla nell’atmosfera agostina impregnata di crema solare e si perdono del tutto nelle sere del fine settimana. Gli abitanti di Mondello rimangono all’ombra del vicolo, dietro la persiana, si mischiano agli intrusi durante le serate di festa, sotto i fuochi d’artificio, per salutare con il sorriso l’estate che ci lascia. I pescatori appaiono mentre noi torniamo a casa, rischiarati dalle luci dell’aurora e scompaiono di nuovo quando i primi bagnanti stendono i teli sulla sabbia. Alcuni di loro giocano a scopa la mattina presto, come se aspettassero il momento in cui nessuno li possa vedere.
Quando scenderà la prima pioggia, laverà via il gelato caduto al bambino nel pomeriggio, insieme ai sogni d’amore di dodicenni vestite da veline. La pioggia farà scivolare nel tombino il pacchetto di sigarette vuoto e accartocciato, profumerà l’aria di fresco. La pioggia renderà fiumi invalicabili le strade che dal resto del mondo conducono alla loro isola, come un fossato intorno una fortezza, che obbliga anche il più coraggioso a rinunciare. Gli abitanti di Mondello prendono vita in autunno, smettono di essere spettri e, paradossalmente, aspettano che arrivi settembre per aprire le finestre. E ci tengono a farti sapere che non sono malinconici lì, nella pace appena raggiunta, in un piccolo universo che profuma di silenzio.