Dai banchi di scuola ai biberon. Addio ai codici immaginati in un futuro di avvocato per concentrarsi su un presente difficile, fatto di sacrifici e rinunce. La storia di Jessica, tre figli, il primo arrivato a 15 anni, non è un caso isolato. In Sicilia sono quasi mille i bambini nati da madri minorenni: nel 2021 ne sono stati concepiti 949 da ragazze tra i 14 e i 17 anni, di cui 242 a Palermo e 280 a Catania, che insieme a Napoli sono le città italiane con la percentuale più elevata di gravidanze precoci.
Numeri in aumento, seppur lievemente, rispetto all’anno precedente quando il numero di bambini nati da mamme adolescenti erano 923, di cui 4 da under 15, ossia prima dell’età del consenso. Lo rivelano sia gli ultimi dati disponibili forniti dall’Istat che quelli inseriti nel dossier Indifesa della Ong Terre des Hommes, secondo cui la Sicilia è la regione dove il fenomeno delle gravidanze precoci è più diffuso, seguita da Campania, Puglia e Lombardia.
‘Baby mamme’, ancora adolescenti ma già responsabili di un’altra vita, alle prese con le notti in bianco. E che molto spesso finiscono per abbandonare la scuola, e con essa anche l’idea di un futuro legato a un lavoro professionale qualificato. Per un’adolescente, una gravidanza può avere gravi conseguenze sulla salute. Il corpo di una ragazza così giovane non è pronto per affrontare le fatiche di una gravidanza e lo sforzo di un parto. Emorragie, sepsi e difficoltà durante il travaglio e il parto sono le principali cause di mortalità tra le ragazze di età compresa tra i 15 e i 19 anni.
Alle madri bambine è dedicato un docufilm, “Assomigliami adesso”, prodotto dall’associazione culturale Anteprima, che ha l’obiettivo di contrastare la maternità precoce in Sicilia, qui dove il fenomeno è più marcato. Basti pensare che il totale di baby mamme in Italia è di circa quattromila (3.988), e un quarto di queste sono nell’isola. “Racconteremo cinque storie diverse di mamme bambine – dice il regista Luciano Accomando – tra cui quella di una ragazza di 17 anni, mamma di due figli, che vive in comunità ed è stata abbandonata, altre sono rimaste con il compagno. Sono state fortunate. Ma quante difficoltà. Qualcuna si è sposata, qualcun’altra sogna ancora di farlo. Vogliamo provare a far immaginare una vita diversa. Spesso la maternità per queste ragazzine diventa un modo per scappare di casa e uscire da un contesto familiare difficile, cercano un compagno con la speranza di andare a vivere con lui e avere una svolta di vita. La stragrande maggioranza, però, poi viene abbandonata”. Quindi il ritorno a casa, in quella stessa casa dalla quale volevano fuggire.
Storie spesso non a lieto fine, fatte di solitudine, sofferenza e depressione. “Nel peggiore dei casi queste ragazze sono vittime di abusi sessuali, e finiscono poi in case-famiglia – spiega Luciano Accomando -. Solo una piccola percentuale di loro vive con il compagno col quale hanno fatto la ‘fuitina’. L’amore viene visto come speranza di riscatto per rifarsi una vita: questa è la cosa triste. Provare a vedere nella coppia un modo per riuscire nella vita”.
“Andavo a scuola e avevo anche una borsa di studio – racconta Jessica -. Quando sono rimasta incinta sia io che il mio compagno dovevamo ancora compiere 16 anni, è stato un colpo al cuore. I prof mi hanno incoraggiato a continuare gli studi. Ma io non avevo più testa. Il diritto è rimasto la mia passione. Quando il mio compagno ha avuto problemi con la giustizia, avrei voluto essere io lì, in prima fila, con la toga, ad occuparmene”. Quello dell’avvocato, per Jessica, è rimasto solo un sogno. La vita ha preso il sopravvento. “Di figli ne sono arrivati altri due: ora hanno 12 e due anni. Con la più grande, che di anni ne ha 14, abbiamo 17 anni di differenza, ci scambiamo i vestiti, le scarpe. Litighiamo spesso. È come se fossimo sorelle. Del resto, anche io sono cresciuta così: mia mamma è diventata madre a 15 anni e nonna a 31”.
Il mondo delle madri bambine ha tante storie singolari e alcuni tratti inevitabilmente comuni: le gravidanze sono frutto di amori molto precoci senza alcune precauzioni, in contesti sociali difficili da cui le ragazze vorrebbero allontanarsi ma che inevitabilmente rischiano di risucchiarle. “Io vedevo sempre i miei genitori litigare – confida Jessica – quindi non vedevo l’ora di fuggire via, di scappare di casa”.
Come Jessica anche le altre protagoniste del docufilm provengono da un contesto sociale difficile, vivono in quartieri disagiati e degradati: da Ballarò a Falsomiele, allo Sperone fino allo Zen. “In certi quartieri e in certi contesti quello delle ‘baby mamme’ è un fenomeno diffuso e sommerso – spiega la psicologa Miriam Belluzzo-. Una donna per essere tale deve essere madre, questo perché in alcune zone vige ancora una culturale patriarcale, si orientano le ragazze verso questi stili di vita. Molte riproducono infatti le esperienze delle madri e delle nonne, non percependo quindi il fenomeno come un problema sociale diffuso ma come normalità”.
Un modus vivendi che si ripete di generazione in generazione, insomma. Ma che necessita di essere scardinato. “Il mio compagno ha la terza media, è un ex detenuto – racconta Jessica -. Ha trovato lavoro grazie ad un’associazione che si occupa di reinserimento detenuti. Tiriamo a campare. Siamo felici. A volte, però, penso che avremmo potuto studiare e realizzarci, stare più tranquilli economicamente, dare un futuro migliore ai nostri figli”.
Le prospettive future sul fenomeno paiono essere incoraggianti: “Nel lungo termine – osserva la presidente dell’associazione Anteprima, Marina Accomando – prevediamo una netta diminuzione della maternità precoce, dei casi di depressione clinicamente significativa nelle madri bambine e dei casi di abbandono scolastico”. Restano le crepe. I disagi. I numeri. Le storie. Di chi poteva avere e dare, forse, un futuro migliore. Senza dover tirare a campare.