Baby pusher, spaccio e periferie| Viaggio nel fortino della droga - Live Sicilia

Baby pusher, spaccio e periferie| Viaggio nel fortino della droga

Così un’ordinanza di custodia cautelare diventa la fotografia di uno spaccato sociale.

chilometro zero
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CATANIA – A Napoli li chiamano muschilli, moscerini. Sono i bambini utilizzati dalle cosche per commettere illeciti perché non imputabili. Vedette, corrieri e pusher popolano ogni giorno le strade che si intersecano tra i palazzoni di cemento a Librino. Giovani e giovanissime leve reclutate dalla malavita. E se i ragazzi più grandi acconsentono per pochi euro, i bambini lo fanno con la stessa inconsapevolezza innocente con la quale accettano di partecipare a un gioco. “Avevo infilato tutte cose là e gli ho dato la chiave al bambino”, racconta, intercettato, uno dei pusher finiti in manette nell’operazione Chilometro Zero. Lui, il bambino, ha appena sei anni.

Così un’ordinanza di custodia cautelare diventa la fotografia di uno spaccato sociale che è un pugno allo stomaco. Nel rione periferico, che è una città nella città, popolato da 100.000 abitanti anche un bambino è vittima inconsapevole, ingranaggio degli oleati meccanismi della macchina dello spaccio. Il piccolo prende i soldi, va su e già per le scale dei labirintici androni dei palazzi, smercia droga come se fosse un gioco. Non sa, non può sapere, che è uno strumento nelle mani di chi lo dovrebbe proteggere dalle insidie del mondo. “A questo bambino è stato sottratto il futuro”, hanno detto gli investigatori assicurando che si cercherà di “recuperare al più presto” il minorenne.

Disagio sociale e criminalità. Povertà e assenza di prospettiva che strappano i bambini dai banchi di scuola e li gettano per strada, tra i palazzoni incolori a indossare la divisa dei soldati della manovalanza criminale. Un rischio molto alto per tanti ragazzi dei rioni popolari come illustravano già nel 2013 i dati sulla “criminalità organizzata minorile a Catania”, contenuti nella relazione del magistrato Angelo Busacca pubblicata su “Enciclopedia delle mafie”. Qualunque analisi sul fenomeno “non può prescindere” dallo studio “delle considerazioni socio economiche del territorio e delle conseguenze sul disagio giovanile”, scriveva il magistrato. Ventisei ragazzi catanesi su cento non andavano a scuola. Oggi il dato è in aumento.

Nel 2016, secondo le stime di Save the Children, la dispersione scolastica nella città etnea arriva a toccare quota 38%. Il grosso vive nei quartieri satellite, fortini dello spaccio, lontani dagli occhi della Catania bene. “Tale analisi- scriveva Busacca- assume particolare rilievo per ciò che riguarda la città di Catania come luogo di provenienza della maggior parte delle indagini di criminalità organizzata con coinvolgimento diretto o indiretto di minorenni”. Secondo l’indagine del magistrato quattro anni fa nel Centro di Prima Accoglienza di Catania, la struttura del Ministero della Giustizia destinato all’accoglienza dei minori tratti in arresto in flagranza di reato si registravano reati che “certamente possono essere commessi – nella loro gran parte – solo in ragione della sussistenza, ad un livello superiore rispetto a quello in cui agiscono i minori, di una organizzazione criminale che abbia il controllo – attuato con metodo mafioso – del territorio”. Tre quarti degli ingressi in Cpa a Catania erano localizzati nei quartieri storici e in quello di Librino.

 

Ventotto casi su quarantaquattro riguardavano proprio lo spaccio di droga. “La cessione di sostanze stupefacenti nel nostro territorio è una realtà non facilmente estirpabile, l’utilizzo delle persone di minore età è certamente legato agli ambiti di criminalità anche organizzata, ma anche al bisogno e alla povertà del nostro territorio”, spiega Maria Francesca Pricoco presidente del Tribunale per i minorenni. Tra le cause del fenomeno Pricoco annovera “l’assenza di spazi aggregativi ed educativi”, famiglie incluse, in grado di tenere i minori lontani dai pericoli legati alla marginalità nei quartieri e non solo. Il fenomeno si allarga a macchia d’olio e inizia ad assumere tratti di “trasversalità”. “Ma in ogni caso il problema è legato a una complessiva politica dell’infanzia e dell’adolescenza che tenga conto della necessità di servizi meglio strutturati e della presenze educative soprattutto nel territorio di strada”, dice. “La dispersione scolastica incide soprattutto dopo il completamento della scuola media, parliamo di minori che non trovano delle soluzioni alle loro aspettative di inclusione virtuosa anziché di esclusione che a volte si traduce con il reclutamento all’interno di ambienti criminali”, argomenta la presidente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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