ROMA – “Si trovi una parola, uno scritto, in cui ho parlato male dei magistrati e in particolare della Saguto: io non voglio esprimere alcun giudizio, i singoli fatti non li conosco. Allora feci un discorso tecnico: se una confisca diventa definitiva, l’amministratore giudiziario non può essere lo stesso che svolge le funzioni di presidente del consiglio di amministrazione”. A sostenerlo parlando con l’ANSA è l’ex direttore dell’Agenzia per i beni confiscati, il prefetto Giuseppe Caruso. “Ora si capisce perchè questo accanimento nel voler dare incarichi sempre ai soliti noti”.
L’ex direttore dell’Agenzia per i beni confiscati Caruso fa chiaramente capire di essersi sentito isolato negli anni in cui ha svolto il suo mandato, dal 2011 al 2014, “ora pare che le cose fossero come dicevo io”. “Chi ritiene di avere fatto delle cose per le quali ha sbagliato si deve dimettere – precisa rispondendo ad una domanda su a chi pensasse quando, nei giorni scorsi, ha parlato di necessità di dimissioni – ognuno nell’ambito del suo ruolo”. E ricorda gli anni in cui ha guidato l’Agenzia per i beni sequestrati e confiscati. “Non ho fatto altro che chiedere a tutte le sedi istituzionali e ho bussato a tante porte per ottenere, per esempio, di far entrare un funzionario del ministero dello Sviluppo Economico nel consiglio direttivo dell’Agenzia per dare suggerimenti e consigli. Ho parlato con l’Anci, l’Associazione dei Comuni italiani, chiedendo anche a loro di far entrare un rappresentante dei sindaci che spesso non volevano l’affidamento dei beni confiscati. Ho proposto la modifica del Codice Antimafia nella parte delle misure di prevenzione, misi a punto una bozza di normativa per omogeneizzare i trattamenti economici degli amministratori giudiziari che sono diversi nelle varie regioni, suggerendo anche variabili a seconda della complessità di gestione del bene confiscato, ma tutto rimase lettera morta”. E aggiunge che “se fossi un giudice delle misure di prevenzione, mi comporterei come loro: al momento in cui un bene è sequestrato, poichè se il sequestro non si tramuta in confisca spesso ritorna nelle mani del mafioso, è giusto che il magistrato individui un amministratore giudiziario, che ricopre più figure, anche perchè, se il bene non viene confiscato, il mafioso può chiedere anche un risarcimento. Se però la confisca diventa definitiva, io sostenevo e sostengo che l’ amministratore giudiziario dell’azienda confiscata non può essere anche lo stesso che svolge le funzioni di presidente del consiglio di amministrazione”. E il prefetto cita il caso dell’Immobiliaria Strasburgo di Palermo di cui l’avvocato Cappellano Seminara era sia amministratore giudiziario che presidente del Consiglio di amministrazione. “Come se svolgesse al tempo stesso le funzioni di Elkann e Marchionne insieme – ragiona – ovvero faceva il controllore e il controllato, percependo per altro ben due alti compensi. Io gli tolsi uno dei due incarichi, abbassando i costi ma soprattutto chi gli subentrò risolse i problemi che lui non scioglieva da 10 anni”. Così come l’ex prefetto non digeriva l’affidamento allo studio dell’avvocato Seminara di una catena di hotel quando la sua famiglia era proprietaria di un albergo 5 stelle, “un conflitto d’ interesse palese”. Caruso sollecita i giornalisti, che non porrebbero le domande a chi devono, ma anche la politica: “che dovrebbe osservare e denunciare quel che non va, non dire, come è stato fatto, che io delegittimo la magistratura solo perchè ho tolto un incarico. Io non ho delegittimato nessuno, non ho sparato a zero contro nessuno, semmai ho fatto presenti fatti che mi parevano inopportuni”.