PALERMO – Qualche sconto o aumento di pena, delle prescrizioni e delle conferme. La Corte di appello di Caltanissetta ha emesso il verdetto al processo “Saguto”. Tornava dalla Cassazione solo per rideterminare le pene. Il giro di tangenti e favori era già provato.
La vicenda è quella del patto corruttivo per la gestione dei beni sequestrati, quando Silvana Saguto guidava la sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo.
Gli imputati e le pene
Ecco le nuove condanne: Silvana Saguto 7 anni e 11 mesi (difesa dall’avvocato Ninni Reina, in primo grado le erano stati inflitti 8 anni e 10 mesi), l’amministratore giudiziario e avvocato Gaetano Cappellano Seminara 6 anni e 10 mesi (contro 6 anni e 7 mesi), Lorenzo Caramma 6 anni, un mese e due giorni (difeso dall’avvocato Antonio Sottosanti, il marito di Saguto era stato condannato a 6 anni e 2 mesi).
Ed ancora: il professore della Kore di Enna, Carmelo Provenzano, 6 anni e 6 mesi (confermata), il commercialista ed amministratore giudiziario Roberto Santangelo 4 anni (due mesi in meno del primo grado).
Confisca al ribasso
La Corte di appello non ha accolto la richiesta di confisca per equivalente di 6 milioni nei confronti di Cappellano Seminara (difeso dagli avvocati Gabriele Vancheri e Valerio Spigarelli): passa dai 600 mila euro del primo grado ai 400 mila di oggi.
Prescrizione per il colonnello della Dia
Prescritto il reato contestato al tenente colonnello della Guardia di finanza Rosolino Nasca, all’epoca in servizio alla Dia, (difeso dall’avvocato Giuseppe Gerbino) in concorso con Saguto. La Cassazione aveva annullato con rinvio la condanna a due anni e 8 mesi per corruzione. L’imputazione è stata derubricata in “corruzione per l’esercizio della funzione” ed è scattata la prescrizione.
L’accusa era rappresentata dal procuratore generale Fabio D’Anna e dal sostituto Fabio Bono. La Corte era presieduta da Roberta Serio. Coloro che sono stati condannati a pene superiori a 4 anni si trovano in carcere.

