CATANIA – La Procura guidata da Carmelo Zuccaro ha chiesto il suo rinvio a giudizio, insieme a decine di ex assessori e amministratori, per la gestione del bilancio comunale, proprio negli ultimi 5 anni in cui è stato sindaco, dopo 13 anni di centrodestra. Oggi Enzo Bianco (nella foto di Valerio D’Urso) si guarda allo specchio confrontandosi con le stesse accuse, dalle quali i suoi predecessori Umberto Scapagnini, ex medico di Berlusconi scomparso da tempo e Raffaele Stancanelli, uomo forte della Meloni in Sicilia, sono stati assolti.
Contemporaneamente è arrivata la richiesta di interdizione per 10 anni della Corte dei Conti e la condanna al pagamento di una sanzione che sfiora i 90mila euro. Ma lui confida che, durante l’estate, quando si incroceranno le udienze tra Catania e Palermo, possa tornare la “primavera”, giocandosi alcuni assi nella manica. Ecco quali.
Come l’ha presa?
“Non sarei sincero se non confessassi che ho una grande amarezza. Io tengo alla mia reputazione personale molto più delle cose materiali. Sono stato educato così: sono il sesto di sette figli; proprio oggi i miei genitori avrebbero festeggiato novanta anni dal loro matrimonio a Ragusa Ibla, nella chiesa di San Giorgio. Mi hanno educato a pane e rispetto delle regole; espressioni come correttezza, rigore, educazione, sono le parole con cui sono cresciuto. Quindi naturalmente provo amarezza. Quando, come io spero, questa vicenda si chiuderà e come tutte le altre volte della mia vita ne uscirò a fronte alta, la notizia sarà infilata nei giornali in ventesima pagina con 4 righe, mentre oggi leggo tre pagine dedicate alla vicenda e con diverse foto”.
Era successo qualche altra volta
“Sì ad esempio nella prima sindacatura, quando mi accusarono di aver creato l’agenzia per lo sviluppo e l’occupazione e poi il Giudice delle indagini preliminari, Cacciatore, disse che era una pratica addirittura esemplare per tutte le città d’Italia. Sono convinto che sarà così. Naturalmente un po’ di amarezza resta. Ma ho il massimo rispetto della Magistratura, della Corte dei Conti e della Procura di Repubblica di Catania, dove ci sono magistrati integerrimi e degni di ogni rispetto. Su questo faccio affidamento, sul fatto che leggeranno con la dovuta attenzione tutti gli elementi che, presto e doverosamente, noi forniremo”.
Entriamo in quella ‘macchina infernale’ che è stata ed è il comune di Catania
“Il 3 gennaio del 2000 io lasciai il Comune di Catania di cui ero stato sindaco per quasi 7 anni”.
Com’era la situazione finanziaria in quel momento?
“Io lasciai un avanzo di bilancio, al 31/12/1999, di 3milioni e 900mila euro. C’era addirittura un fondo cassa di 38milioni di euro. Torno al Comune di Catania nel 2013 e trovo invece un saldo di cassa non positivo, ma negativo, di ben 123milioni di euro. L’ultimo consuntivo approvato al 31/12/2012, con l’amministrazione Stancanelli, aveva una perdita di esercizio di 140milioni di euro. Il Comune era già in predissesto, approvato dal consiglio comunale, con un piano di risanamento, che poi si è rivelato, lo ha sostenuto la stessa Corte dei Conti, non adeguato, con errori clamorosi, in particolare con un’evidente sottovalutazione dei debiti fuori bilancio”.
Quindi parliamo dei fornitori?
“Di qualunque tipo. Gli anni in cui i debiti fuori bilancio si sono creati è stato il periodo dell’allegra gestione di Umberto Scapagnini, quando era commissario dell’emergenza traffico e con quei poteri straordinari aumentò l’indebitamento di ogni tipo. Nel frattempo era anche mutata la condizione finanziaria del Comune per i trasferimenti dallo Stato e dalle regioni. Fino al 1999 la Regione dava ogni anno 67milioni di euro di risorse, nel 2016 questa cifra era scesa a 23milioni. Lo Stato dava 123milioni e la cifra era scesa a 66 milioni. In entrambi i casi, quindi, le entrate erano la metà del passato. Io eredito un Comune che era già in predissesto e rispetto al piano stesso relativo al predissesto emergono debiti fuori bilancio sottostimati e vengono ridotte ulteriormente le entrate per trasferimenti dallo Stato e dalla Regione”.
Durante la sua gestione sono stati accesi numerosi mutui per pagare i debiti finanziari. A quanto ammontano questi mutui?
“Era consentito dalle leggi ma soprattutto erano investimenti che un ente con i conti a posto poteva serenamente fare: i mutui nascevano in un momento in cui, pagate le rate e gli interessi, il Comune era in attivo. Il concetto è che una famiglia che sta bene può investire. In questo caso per realizzare strutture sociali e sportive, strade, rendere vivibile la città per i catanesi e attrattiva per i turisti. Una delle cose di cui sono più orgoglioso è che, puntando anche sulla mia credibilità istituzionale, abbiamo fatto inserire una norma molto importante nel decreto 35 nel 2016, con cui abbiamo pagato 500 aziende creditrici del Comune, l’80% delle quali erano aziende catanesi e abbiamo consentito loro di evitare il fallimento”.
Andiamo alle cifre
“Due esempi chiari. Un’impresa che doveva avere un pagamento dal Comune aspettava una media di 18 mesi. Nel 2017, prima di lasciare eravamo scesi a 86 giorni. Abbiamo inciso enormemente sulle spese del Comune. Nel 2013 il Comune pagava 6 milioni di fitti passivi, anche a parenti di qualche magistrato, nel 2016 la abbiamo ridotto quasi a zero”.
Anche perché delle spese di giustizia se ne è fatto carico lo Stato
“Fui proprio io a chiedere come Anci che cambiasse questa normativa. Il Comune pagava, accanto al Faro Biscari, 800mila euro l’anno per gli uffici dove c’era la direzione lavori pubblici. Con il costo di affitto di un anno ho sistemato un immobile comunale adibito oggi ad ospitare quegli uffici senza pagare più affitti. Un’altra cosa che abbiamo ridotto sono le spese del personale: il Comune ha dimezzato i dipendenti, riducendo di un terzo il costo delle spese del personale e il costo di funzionamento degli organi politici. Noi abbiamo ridotto ancor più di quanto era previsto nel piano di risanamento, spendendo circa la metà di quando si spendeva prima”.
La Corte dei Conti commisura la possibile sanzione al suo emolumento, cioè allo stipendio che prendeva da primo cittadino
“Io, “a muta a muta”, mi ero dimezzato lo stipendio”.
Andiamo a un’informazione resa ufficiale da organi amministrativi: con la sua gestione l’indebitamento sarebbe arrivato a 1,4miliardi di euro, con un incremento rilevantissimo
“Quando uno dice che a Catania ci sono 30 gradi fa un’affermazione. Non può dire che la temperatura sia aumentata enormemente se quella farenheit è di 87 gradi”.
Intuisco ma non capisco bene. Cosa è accaduto?
“Nel corso degli anni sono cambiati i criteri contabili di redazione del bilancio: in base ai nuovi criteri contabili, quello che prima era 100, adesso vale 300, 400. Per fare una valutazione seria bisogna applicare lo stesso criterio, non possiamo paragonare i gradi farenheit con i centigradi”.
Ma l’indebitamento è reale o no?
“L’indebitamento è quello che c’era secondo i criteri precedenti. Posso dire che forniremo alla magistratura contabile e a quella ordinaria una tabella precisa da cui si dimostra chiaramente che non c’è stato alcun incremento della cifra che non viene riportata. Abbiamo dato indicazioni affinché gli uffici accertassero tutti i debiti fuori bilancio che erano stati nascosti, come la polvere, sotto il tappeto. E tutto questo senza avere fatto soffrire i catanesi di questa condizione. Il numero di passeggeri della metropolitana, i visitatori dei musei, le navi da crociera sulla città, gli investimenti, i 2,4 miliardi di euro di risorse raccolte per gli investimenti a Catania: ecco perché mi sono battuto con tutte le mie forze per i catanesi. Come avrei potuto convincere le imprese a investire a Catania? Sarebbe stato facile per me, il primo giorno che mi insediavo nel giugno del 2013, dichiarare subito il dissesto e scaricare la responsabilità sull’amministrazione Scapagnini e Stancanelli. Ma il prezzo lo avrebbero pagato i catanesi. Ecco perché sono orgoglioso dei risultati che ho portato in 5 anni a Catania sia pure con quelle difficoltà. E ancora oggi sto lavorando per aiutare la città”.
Andiamo alle accuse della magistratura, viene contestato il reato di falsa attestazione, lei sarebbe stato consapevole che il bilancio era falso col vantaggio di proseguire ad amministrare
“Io non avrei avuto alcun vantaggio, visto che dichiarando il dissesto avrei continuato a fare il sindaco, addirittura “più comodamente” che amministrando un Comune con i vincoli del predissesto. Sono centinaia i casi in Italia di sindaci col Comune in dissesto che amministrano il loro Comune, compreso Catania”.
Passiamo all’accusa di falso
“Qualcuno dimentica che il testo unico degli enti locali, che ha la mia firma da Ministro dell’Interno, separa nettamente la responsabilità degli amministratori locali da quella dei dirigenti e dei funzionari. Il sindaco e gli assessori, non possono assumere alcun provvedimento. Sono due mondi completamente diversi. Hanno solo un potere di indirizzo. Questo concetto lo afferma la Corte d’Appello di Catania, che ha assolto la Giunta Scapagnini dal reato di falso per questo principio, mentre la responsabilità era del ragioniere generale. È un principio consolidato e anche su questo forniremo tutti gli elementi puntuali alla magistratura. Nel caso specifico sono certo che anche i dirigenti chiamati in causa sapranno dimostrare la correttezza dei loro comportamenti”.
Corte dei Conti, come l’ha presa la richiesta dell’interdizione per 10 anni?
“Mi dispiace, in eguale misura. È comprensibile che io abbia amarezza, ma forniremo alla magistratura contabile gli stessi elementi che dimostreranno la nostra assoluta correttezza in una procedura abbastanza inconsueta. Forniremo tutti gli elementi e le cifre, senza utilizzare aggettivi, né superlativi”.
Il buco finanziario, visto che sono stati tutti assolti, chi lo ha creato?
“È documentale, riguarda gli anni in cui c’era Scapagnini, affiancato da politici di ogni tipo e dall’ingegnere D’Urso, quello dell’Ufficio speciale di cui sopra: la città era al buio, si montava la neve per scendere dalla salita dei Cappuccini, sono gli anni delle ballerine brasiliane pagate con i soldi pubblici. Quella era Catania!”.