12 Ottobre 2022, 22:56
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PALERMO – “Non avremmo accettato nulla di meno dell’ergastolo, ma non ci possiamo fermare. Chi lo ha aiutato a uccidere la mia bambina deve pagare”. Sono le parole che la mamma di Roberta Siragusa, Iana Brancato, rassegna ai cronisti al Palazzo di Giustizia di Palermo, subito dopo la lettura del verdetto che ha condannato all’ergastolo il fidanzato Pietro Morreale.
Sarebbe stato lui a uccidere la diciassettenne a Caccamo.
Sono parole in linea con quanto sostenuto dai legali di parte civile, gli avvocati Sergio Burgio, Giovanni Castronovo, Giuseppe Canzone e Simona La Verde.
I legali avevano chiesto alla Corte di trasmettere gli atti alla Procura affinché si continuasse a indagare sulla eventuale presenza di complici – i pm di Termini Imerese hanno battuto senza esito questo fronte investgativo – che potrebbero avere aiutato il giovane a fare sparire il corpo. La Corte di Assise non ha accolto la richiesta.
I dubbi sarebbero legati al fatto che all’indomani, quando Morreale accompagnò i carabinieri, non riconobbe subito il luogo dove si trovava il cadavere.
E poi c’è il giallo di una sciarpa consegnata alla madre di Roberta, ma che in realtà, secondo i legali, apparterebbe ad un parente dell’imputato. Era stata ritrovata a Monte Rotondo, dove c’era il corpo della ragazza. In alcuni passaggi del suo esame, Morreale ha parlato al plurale. Si è confuso oppure davvero ha avuto dei complici? La Corte potrebbe affrontare la questione nelle motivazioni.
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12 Ottobre 2022, 22:56