Palermo, ergastolo per l'assassino di Roberta Siragusa

“Uccisa e bruciata”: ergastolo per l’assassino di Roberta Siragusa

Nessuno sconto per l'ex fidanzato Pietro Morreale. La vittima aveva 17 anni

PALERMO – Nessuno sconto, nessuna attenuante. Pietro Morreale è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Roberta Siragusa. Doveva compiere 18 anni. Il suo fidanzato e presunto assassino di anni ne ha poco più di 20.

Alla lettura del verdetto, dopo 11 ore di camera di consiglio, erano presenti il padre, la madre, la sorella e alcuni amici della povera ragazza. Indossavano una maglietta con la scritta: “Giustizia per Roberta”.

Davanti alla Corte di Assise di Palermo, presieduta da Vincenzo Terranova (a latere Mauro Terranova), regge la ricostruzione del procuratore di Termini Imerese Ambrogio Cartosio e del sostituto Giacomo Barbara. L’imputato voleva uccidere la fidanzata. Era accecato dalla gelosia. Doveva essere sua o di nessun altro. E così ha programmato il delitto e provato a costruirsi un alibi inviando messaggi sul telefonino di Roberta quando l’aveva già uccisa.

La notte fra il 23 e il 24 gennaio 2020. Le telecamere di sicurezza riprendono la scena. Una Fiat Punto giunge nei pressi del campo sportivo di Caccamo. Si vedono i fari accesi in lontananza. La macchina è quella di Morreale. Prima una fiammata. Poi forse Roberta percorre qualche metro a piedi. Si accascia per terra. Qualcuno si allontana.

Quel qualcuno sarebbe Morreale che risale in macchina, mette in moto e parcheggiarla vicino al corpo. Trascina la povera Roberta per i piedi. All’indomani il cadavere sarà ritrovato in un dirupo. La tesi difensiva del giovane è che Roberta si è data fuco da sola, ma nel dirupo. Sul terreno, però, non ci sono tracce di combustione.

La ragazza è rimasta agonizzante per alcuni minuti prima di spirare. Dunque era ancora viva mentre l’assassino cercava di disfarsi del corpo. Un corpo martoriato.

Da sinistra gli avvocati di parte civile, Giovanni Castronovo, Giuseppe Canzone, Simona La Verde e Sergio Burgio

Secondo i legali che assistono i parenti della povera ragazza, gli avvocati Giovanni Castronovo, Sergio Burgio, Giuseppe Canzone e Simona La Verde, Morreale mostrò una freddezza che lascia sgomenti. Non ebbe alcuna reazione di fronte alle fiamme che avvolgevano il corpo.

Attraverso le immagini e il Gps della macchina è stato ricostruito il percorso seguito dall’auto di Morreale dal centro abitato di Caccamo al campo sportivo e poi successivamente per ben due volte dal campo sportivo fino a Monte San Calogero, dove è stato poi trovato il corpo della ragazza.


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