Che cos’è la libera stampa? E’ un dovere, è la nobiltà di un servizio, è la qualità di privilegiati maggiordomi che portano piatti fragilissimi di porcellana col cibo della democrazia. C’è chi – all’interno della professione giornalistica – ha svilito il concetto basilare della medesima. C’è chi ha continuato per anni a ripetere le solite frasi ed è annegato nella sua stessa retorica. C’è chi ha coperto piccoli e squallidi commerci con la prosopopea. E che pena e che orrore gli organismi della categoria.
C’è chi ci crede ancora. Ci sono giornalisti che hanno smesso di sperare e calcolano i minuti mancanti alla pensione. Ci sono giornalisti che si alzano ogni mattina, pazzi di felicità perchè potranno raccontare la vita che li incontrerà per strada.
E come farai tu, Lettore, a orientarti non solo nella questione per cui oggi la stampa sciopera – il rovaio della norma sulle intercettazioni – ma più in generale sulla direzione e circa la rotta delle parole che noi scriviamo e che tu leggi? Come diamine si capisce se dietro una frase c’è il tentativo puro di raccontare i fatti, o il secondo fine di un interesse personale di parrocchia? Questo è il nesso tra la faccenda delle intercettazioni e il resto. Non valgono i discorsi astratti sulla libertà. La domanda complessa a cui rispondere, dopo una giusta protesta, è un’altra: i giornalisti italiani sono degni, al cospetto dei loro lettori, dei diritti che reclamano? Quei diritti sono funzioni fondamentali da esercitare come un bisturi, con delicata sobrietà. Troppi li rivendicano per servirsene male, per disprezzarli, per distruggere la credibilità di una missione in crisi di sostenitori.
La stampa che vuole essere indipendente, e ha ragione sul punto, si è mai interrogata seriamente sulla disciplina della libertà e su certe compromissioni pericolose col potere che contesta talvolta per il mero gioco delle parti? Sa meritarsi, in ogni circostanza, la sacrosanta inviolabilità delle sue prerogative? Se ogni persona ha come vincolo e confine delle proprie azioni il rispetto degli altri, ciò non dovrebbe valere per un giornale che possiede centomila cannoni in più dell’uomo comune? E quanto è difficile trovare la giusta misura: il sentiero di mezzo tra lo schiacciamento della dignità altrui e la compiacenza del silenzio. E’ faticosa la pozione del giornalismo perfetto, l’alchimia di chi intende raccontare e rispettare. Non si può tacere, però non è nemmeno lecito travolgere a torto, nella corrente delle informazioni, la vita degli altri.
Caro Lettore, chi scrive potrebbe raccontarti la storia di Livesicilia e sentirsi a posto con la coscienza. Senza retorica né prosopopea, il giornale che leggi si sforza di essere onesto, grazie a un direttore onesto, a redattori onesti e a cronisti onesti. E non è inutile ripetere la pulizia dello stesso aggettivo. Tentiamo di sbagliare il meno possibile e in buonafede: è la nostra regola. Vale per chi scrive, con la sua minima esperienza, e per i giovani giornalisti che animano il nostro quotidiano e rappresentano per noi un motivo di orgoglio e di affetto. E non siamo solo noi, naturalmente. Tanti rimangono gli entusiasti e i valorosi. Tante sono le realtà che condividono il nostro orizzonte. Tuttavia, non sarebbe giusto descrivere lo stoppino acceso senza la penombra.
Esiste la corruzione di un giornalismo asservito. Esiste l’ignavia. Esiste la mancanza di coraggio Esiste pure l’arroganza, l’ignoranza di chi non conosce il valore del materiale che maneggia. Che si può fare per esorcizzare il male, la sottrazione di credibilità che allontana gli occhi dalle pagine? Nel giorno in cui la stampa si ammanta di mutismi e di scioperi contro una legge iniqua Livesicilia sceglie la via di mezzo. Secondo noi lo sciopero è un controsenso. Come mettersi il bavaglio da soli. Ma non rinunciamo nemmeno alla solidarietà della categoria. E rispettiamo un silenzio che vorrebbe gridare.
Forse dovremmo pure chiederti scusa, Lettore così simile a noi nelle speranze e nella rabbia, per averti costretto ad ascoltare le nostre lagnanze. Abbiamo comunque un alibi. Nessuno è esente dal problema: la libertà è la ferita aperta di tutti. Perfino di coloro che si sentono già sani e salvi. E sono ciechi o indifferenti.