Simei, Girlando rompe il silenzio |"Mia unica colpa, essermi sfogato" - Live Sicilia

Simei, Girlando rompe il silenzio |”Mia unica colpa, essermi sfogato”

"Nel processo - afferma l'ex assessore - potrò finalmente provare con documenti ufficiali che la Simei era da anni in stato di dissesto".

CATANIA – Rompe il silenzio. L’ex assessore, oggi imputato nel processo che lo vede accusato di tentata concussione aggravata, affida a una lunga nota alcune considerazioni in merito alla sua vicenda. Ecco cosa afferma Giuseppe Girlando.  “In questi mesi ho evitato di alimentare qualsivoglia polemica, animato da un convinto rispetto per la Magistratura, che fa parte della mia cultura di Avvocato. Non avevo dubbi che i limiti cognitivi dell’udienza preliminare non avrebbero consentito al GUP un proscioglimento, nonostante i tanti argomenti sollevati dal mio Difensore. Ho respinto con sdegno il ricorso ad un salomonico patteggiamento, che pure mi avrebbe da già tempo sottratto al circo mediatico – politico e che avrebbe ulteriormente consentito, dopo breve tempo, anche l’estinzione della pena patteggiata. Sarebbe stato ingiusto, assurdo ed offensivo per i miei sessanta anni di vita vissuta nel rispetto della legge e della legalità, per i principi di rettitudine e onestà che ho inculcato ai miei figli, addossarmi, per quieto vivere, una pena virtuale per un reato odioso che non ho commesso.

È paradossale che io sia imputato del reato di concussione anche se l’Accusa non ha ravvisato nella motivazione delle mie azioni alcun interesse personale, bensì esclusivamente il perseguimento di un vantaggio istituzionale per il Comune di Catania, che sarebbe stato l’unico beneficiario delle mie intenzioni. Nei tre anni in cui ho ricoperto la carica di Assessore del Comune di Catania ho difeso sempre e comunque l’Istituzione Comune e ne ho curato l’interesse in maniera forse eccessiva e poco politica. E non essendo nato nella politica, ho sicuramente sbagliato in tante occasioni nei modi e nelle forme.

Nella vicenda Simei l’unica colpa che ho è quella di essermi sfogato in maniera impropria e non corretta con persone che ritenevo leali, lamentando comportamenti scorretti. Nel processo potrò finalmente provare con documenti ufficiali che la Simei era da anni in stato di dissesto e che è fallita per una istanza di fallimento presentata da 56 suoi lavoratori e per errori commessi nella predisposizione del piano di risanamento. Dimostrerò anche che la transazione con il Comune di Catania, peraltro irrilevante nella vicenda fallimentare, era stata già approvata dalla giunta municipale ben prima del mio sfogo verbale e pertanto non poteva costituire materia per una minaccia. Proverò anche che la transazione non si è conclusa per esclusiva volontà di Enel Sole, che avrebbe voluto ottenere di più ed a condizioni più onerose per il Comune.

Mi sono, fino ad oggi, sottratto al circo mediatico e mi dispiace che non abbia avuto la stessa sensibilità anche il consigliere comunale Manlio Messina il quale, all’indomani del mio rinvio a giudizio, ha inopinatamente avviato una riflessione sulla “questione morale”, senza essere immune da censure morali che non lo avrebbero legittimato a scagliare la prima pietra”.

 


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