CATANIA – Tutti candidabili, tranne uno. Almeno per il momento. Il processo civile sull’incandidabilità degli amministratori del Comune di Castiglione di Sicilia, sciolto per infiltrazioni mafiose il 23 maggio 2023, ha il suo primo punto fermo: consiglieri comunali e assessori citati nella relazione con la quale la prefettura di Catania ha chiesto lo scioglimento degli organi municipali potranno tutti candidarsi nuovamente. Resta in bilico solo la posizione dell’ex sindaco Antonio Camarda, per il quale la prossima udienza è fissata per il 9 maggio 2024.
L’Avvocatura ribalta tutto
Il 25 gennaio di quest’anno, di fronte alla prima sezione Civile del tribunale di Catania, è stata l’Avvocatura dello Stato a cambiare le carte in tavola. Pur rappresentando le posizioni del ministero dell’Interno e della prefettura, l’Avvocatura statale ha chiesto subito che la domanda di incandidabilità riguardasse il solo primo cittadino Camarda, facendo venire meno la richiesta per tutti gli altri amministratori “evocati in giudizio”. E cioè coloro i cui nomi erano emersi nella relazione della prefettizia sullo scioglimento.
Si tratta dell’ex assessora e consigliera Dania Papa e del fratello di lei, Antonino Papa; degli ex assessori Salvatore Monforte e Gaetana Farfaglia; dell’ex vicepresidente del Consiglio Giacinto Luca Emmi; e degli ex consiglieri Milena Del Popolo, Antonino Puglisi, Nunzia Lucia Mercia e Federica Mercia. Nei loro confronti, il tribunale ha dichiarato “estinto il giudizio”.
Gli amministratori non citati
Non è stata accolta, inoltre, la richiesta della procura di Catania, che avrebbe voluto estendere il processo di incandidabilità anche a “soggetti non indicati nella relazione ministeriale”. E cioè, gli ex assessori Francesco Raiti, già presidente del Consiglio comunale nella precedente giunta Camarda; Concetta Susinni, vicesindaca; Irene Randazzo, che nella giunta Camarda 2017-2022 ha avuto la delega al Turismo; Alessandro Ferrara, precedentemente titolare dei Lavori pubblici; Filippo Giannetto, presidente del Consiglio comunale; e Salvatore Farfaglia, che aveva la delega all’Urbanistica e allo Sviluppo economico.
Per il tribunale, era impossibile includere nel giudizio di incandidabilità anche questi ultimi esponenti del governo cittadino castiglionese poiché è lo stesso Testo unico degli enti locali che norma le possibili condizioni di incandidabilità, limitandole “agli amministratori indicati nella proposta” di scioglimento del Comune per mafia. Più semplicemente: chi non era citato nella relazione prefettizia, non poteva essere sottoposto al processo civile.
La posizione di Camarda
Saltati gli amministratori citati, non ammessi gli amministratori non citati, nel processo civile che segue lo scioglimento per mafia del Comune di Castiglione di Sicilia resta, dunque, solo da valutare la posizione dell’ex sindaco Antonio Camarda. “Il Ministero dell’interno, rinunciando in giudizio alle richieste di incandidabilità, ha implicitamente sconfessato la sua stessa tesi, su cui fonda lo scioglimento del comune di Castiglione di Sicilia”, dice Camarda a LiveSicilia.it.
“Ha tolto così valore alle relazioni parentali che anche a mio avviso (ho sempre sostenuto che le «colpe dei padri» non possono cadere sui figli) non possono automaticamente comportare responsabilità a carico degli stessi amministratori – prosegue l’ex primo cittadino – Tolta la rilevanza alle relazioni parentali rimane solo la grave precarietà riscontrata negli uffici comunali e viene di fatto automaticamente meno quell’odiosa onta di mafiosità che ha ingiustamente marchiato il Comune e coloro che lo hanno amministrato”.
“Posso con certezza dire – conclude – che la mia amministrazione, formata da persone perbene, negli anni ha perseguito il bene comune. Attendo di potermi difendere nel merito per dimostrare di avere posto in essere tutti gli atti di indirizzo politico necessari al fine di superare le criticità riscontrate negli uffici comunali”