CATANIA – È ormai ampiamente risaputo. La scintilla che avrebbe potuto scatenare una guerra a tutto campo tra i Santapaola-Ercolano ed i Cappello, scatta in quel tardo pomeriggio del 21 ottobre scorso dalle parti di via Poulet.
Pietro Gagliano “u puffu”, reduce da un battibecco avuto qualche giorno prima con Benedetto Zuccaro e verso il quale avrebbe tenuto un atteggiamento che avrebbe provocato una “mancanza di rispetto”, viene raggiunto da alcuni soggetti: tra loro c’è anche Seby Ercolano che è accompagnato da Daniele Strano e Antonino Castorina.
È a quel punto che Gagliano estrae e punta la sua pistola all’indirizzo di Strano esplodendo alcuni colpi d’arma da fuoco: i proiettili vanno a vuoto. Da quel momento scatta una sorta di azione di rappacificazione che, in realtà sfocerà solo nella volontà dello stesso Strano e di Ercolano di punire l’offesa con il sangue.
Il precedente
Ma c’è un passaggio, intercettato all’indomani dei fatti di via Poulet, che merita di essere evidenziato. In un colloquio intercettato dagli inquirenti il sodale Davide Finocchiaro – che interpretava al propria azione criminale conformandosi ai canoni della tradizione – contestava a Seby Ercolano la condotta che aveva scatenato al reazione armata di Gagliano: “Ma tu però ci stai andando, tu una reazione te la devi aspettare perchè tu stai andando in un quartiere, cinque motociclette, la sera prima c’è stata la discussione… Non ci puoi andare impreparato questo è, è proprio quando uno dice.. inesperienza, che noi si fa capire. Daniele dove può arrivare. […] Hai capito? Cioè è sacrosanta la sua reazione, noialtri noialtri al suo posto avremmo fatto la stessa cosa! Ora voglio dire, che spacchio… ci deve andare un cristiano, ci dovete andare per chiarire una cosa per sistemare una cosa?
[…] Seby vedi che la tra famiglia quando ci mettera la faccia, gli spaccava la testa alle persone! Ci rompevano le corna, io non sono per la guerra, io sono per le cose giuste, però se tu mi dicevi “Ci andiamo?” Dieci motoclette in un quartiere? lo ti dicevo “Mi avete sbattuto tutti la festa qua?”.
Il tentativo di scalata
Sempre dall’attività investigativa dei militari del Comando provinciale è emerso come Seby Ercolano avesse come obiettivo quello di scalare le gerarchie mafiose e ottenere un’investitura del padre Mario, pecche in sua assenza si potesse occupare degli atti di alta amministrazione del clan. Ma Mario Ercolano, secondo quanto affermato dagli interlocutori intercettati e da un colloquio con la madre risalente alla fine di settembre scorso, manifestava l’intenzione di non affidare gli affari al figlio Seby, ma quest’ulitimo, «estremamente determinato in tal senso, affermava di essere disponibile a commettere un fatto di sangue al fine di convincere il padre.
Il rapporto con Assinnata
Seby Ercolano ha piena contezza delle alleanze con altri gruppi mafiosi: “Ti posso dire che noialtri abbiamo una mano, al cento per cento, da Turi Assinnata” – ritenuto il “responsabile” della frangia “Santapaola-Ercolano“ di Paternò – racconta lo stesso Ercolano a Davide Finocchiaro. E benché ad Assinnata jr non sia stata contestata l’aggravante mafiosa, risulta nota al sua appartenenza al gruppo di Paternò del clan Santpaola-Ercolano, come emerge dalla condanna definitiva per associazione di tipo mafioso per fatti commessi nel 2012/2013.