CATANIA – Arriva il momento in cui si può dire addio, in cui si spera di poter avere giustizia e di poter fare qualcosa per chi rimane. Il funerale di Valentina Giunta, la madre di 32 anni uccisa dal figlio adolescente lo scorso 25 luglio, è l’epilogo di una storia che ha ridotto in macerie due famiglie in rotta, facendo morire una giovane donna e trasformando un ragazzo in un assassino. Un estremo saluto che porta con sé, ancora, gli strascichi di quello che aveva incrinato gli ultimi mesi di Valentina Giunta, con le tensioni con la famiglia dell’ex compagno e la decisione di abbandonare un quartiere in cui ormai non si sentiva al sicuro.
Le esequie
La cerimonia per Giunta infatti sarà svolta, su espresso desiderio della sua famiglia, nella chiesa di Villaggio Sant’Agata, nonostante l’arcivescovo metropolita di Catania Luigi Renna avesse manifestato la sua disponibilità a svolgere le esequie nella Cattedrale, data la rilevanza dell’accaduto. Ma la Cattedrale è troppo vicina a quel quartiere di San Cristoforo in cui si è svolto il tragico ultimo atto della vita di Valentina. Al quartiere i familiari della donna non perdonano l’omertà, il silenzio sulla tragedia familiare che si è svolta per mesi intorno a quella casa di via Di Giacomo.
Dunque no, nessuna esequia in Cattedrale. I funerali saranno svolti oggi alle 17 dal parroco della Chiesa di Santa Croce, al Villaggio Sant’Agata. L’ultimo saluto per una donna che si era ostinata a immaginare un futuro diverso per suo figlio e che ha messo sé stessa sulla prima linea di una linea di terremoto tra due famiglie, pagando con la vita tutte le sue speranze.
L’omicidio
Fin dal momento in cui Valentina Giunta è stata ritrovata, nella sua vecchia casa a un passo da Castello Ursino, si è parlato del possibile coinvolgimento di un minore nella vicenda. Quella notte, i sanitari che arrivano nella casa di via Di Giacomo dopo una chiamata che segnalava una possibile situazione d’emergenza, trovano Giunta agonizzante e non possono che constatarne il decesso qualche minuto dopo il loro arrivo. Nessuna arma del delitto, solo i segni di una violenza improvvisa.
La svolta arriva dopo poche ore, con le indagini, la confessione e la convalida dell’arresto: il più grande dei due figli di Giunta, un quindicenne, ammette di avere accoltellato la madre e rivela agli investigatori dove recuperare i vestiti sporchi di sangue. Non il coltello con cui ha realizzato l’omicidio, che ancora non è stato ritrovato. Ma soprattutto, l’adolescente racconta. Spiega il motivo di quel gesto con il tentativo della madre di di allontanarlo dal padre, dalla sua influenza, e da tutta la sua cerchia familiare.
“Il mio leone”
Non piaceva, alla giovane madre, che suo figlio continuasse a gravitare intorno al padre. Che lo mitizzasse, che lo chiamasse “Il mio leone”. Quel padre, per il momento nel carcere di Caltanissetta per una vicenda di furti d’auto, era diventato il mondo intorno a cui ruotava la vita dell giovane adolescente, e in attesa di poterlo riabbracciare aveva legato molto con il ramo paterno della famiglia.
Valentina Giunta non voleva che quell’influenza si portasse via suo figlio e ha lottato per dargli un’altra strada. Ha cercato di raffreddare e poi troncare i rapporti con i genitori dell’ex compagno, e soprattutto ha cercato di tenere suo figlio dal suo lato dalla frattura sempre più larga che stava separando i due gruppi familiari. Ma la reazione è arrivata: la famiglia di lui che la aggredisce e la minaccia Giunta, la tensione che cresce al punto da spingere Valentina a spostarsi a vivere con il padre e vendere la casa in cui aveva convissuto con l’ex compagno e i due figli.
La notte in cui è stata uccisa era proprio andata a raccogliere le sue ultime cose. Un ultimo contatto con la sua vita di prima in cui è entrato anche il figlio adolescente, con cui ha innescato una lite, l’ennesima tra i due. Il motivo, sempre lo stesso: il padre di lui e i tentativi di lei di allontanarli visti come una colpa, un motivo per brandire un coltello e per uccidere.
“Abbandonata”
Una violenza che covava da mesi e in cui Valentina Giunta si è caricata suo malgrado di tutte le pressioni. Lei ci aveva tentato a togliersi un po’ di peso dalle spalle, a cercare aiuto, ma l’accusa nei confronti delle istituzioni della cugina di Valentina, Cristina, è pesantissima: “La colpa di tutto ciò è delle istituzioni – ha detto – in quanto Valentina ha chiesto più volte aiuto ma le istituzioni le hanno voltato le spalle, gli assistenti sociali le hanno voltato le spalle e lei chiedeva aiuto. Aiuto per instaurare un rapporto col figlio. E dove sono finiti gli assistenti sociali? Se non c’è una situazione tragica come quella che è avvenuta, gli assistenti sociali non fanno nulla perché devono vedere per forza la situazione critica”,
La cugina di Giunta sottolinea anche il silenzio dei vicini: “Un’altra colpa che io do è al vicinato che ha udito e ha visto quindi è questa l’omertà di certi quartieri perché l’avrebbero potuta aiutare tutti, tutti, tutti. Chi in un modo, chi in un altro quindi la colpa ce l’hanno tutti. Tutti i muri, tutte le finestre e tutte le porte perché loro hanno visto e non solo quel giorno. Anche un mese fa, anche un anno fa, anche cinque anni fa, anche dieci anni fa quando Valentina era chiusa e tutti zitti. La colpa, quindi, ricade su di tutti. La perdita è di tutti, siamo tutti sconfitti. Qui vincitori non ce n’è, siamo tutti perdenti”.