CATANIA – È battaglia di perizie al processo d’appello a carico Martina Patti, la 26enne che l’anno scorso è stata condannata a 30 anni per l’omicidio della figlia Elena Del Pozzo. La piccola, di soli 5 anni, è stata barbaramente uccisa con un’arma da taglio nel giugno del 2022 e seppellita in un campo vicino casa, a Mascalucia.
A ottobre avevano deposto i periti della Corte d’appello, i professori Roberto Catanesi ed Eugenio Aguglia. Per loro l’imputata è perfettamente imputabile e all’epoca dell’omicidio non presentava vizi di mente, dunque nessuna incapacità d’intendere e di volere al momento dei fatti. Di tutt’altro avviso sono invece i consulenti della difesa, i professori Antonio Petralia ed Enrico Zanalda. I consulenti hanno deposto ora in aula. E secondo loro, la madre rea confessa del delitto sarebbe affetta da un vizio di mente totale, o quantomeno parziale.
La nuova audizione dei periti
Per questo ora la difesa ha chiesto e ottenuto una nuova audizione dei periti. E avverrà il prossimo 9 febbraio. La Corte d’assise d’appello dispose la perizia su richiesta del sostituto procuratore generale Agata Consoli. Sul punto non si era opposta la difesa, che propende da tempo per la seminfermità mentale della propria assistita. Una tesi seccamente smentita dai periti; ma ribadita dai consulenti.
La donna è difesa dagli avvocati Tommaso Tamburino e Gabriele Celesti. A una scorsa udienza, Martina Patti aveva raccontato la sua versione. Ha confessato il delitto, aggiungendo che in quelle fasi fosse sua intenzione farla finita. È tornata ancora una volta a puntare l’indice contro il papà di Martina, anche se le sue accuse circa ipotetici maltrattamenti non hanno mai trovato riscontri. La giovane ha parlato di varie delusioni che l’avrebbero indotta alla decisione di uccidersi assieme a Elena.
Sta di fatto che le sue azioni poi furono ben diverse. È stata condannata in primo grado per omicidio premeditato aggravato, occultamento di cadavere e simulazione di reato. Le indagini sono state svolte dai carabinieri del comando provinciale di Catania. La donna avrebbe ucciso la piccola nel luogo del ritrovamento, un campo abbandonato vicino casa, e poi avrebbe finito il sequestro della bambina all’uscita dall’asilo.
L’accusa
Dopo l’omicidio, contesta l’accusa, Martina Patti è uscita nuovamente con l’auto, per creare un diversivo, quindi è tornata nell’abitazione. E’ in quel lasso di tempo che sarebbe stato commesso il delitto, in un terreno abbandonato dove la madre ha seppellito il corpicino, nascosto in cinque sacchi di plastica nera e semisotterrato con una pala e un piccone.
A quel punto la 26enne ha fatto scattare la messa in scena: ha avvisato per telefono del falso sequestro i genitori e il padre di Elena, il suo ex compagno Alessandro Del Pozzo, è tornata a casa e dopo, accompagnata dalla madre e dal padre, è andata dai carabinieri a denunciare il falso rapimento.
Le spiegazioni date nell’immediatezza
Ai militari dell’Arma aveva cercato di dare un senso all’ipotesi del sequestro. Lo aveva collegato ad alcune minacce che nel 2021 l’ex convivente aveva trovato davanti al cancello di casa, ma la sua versione non ha retto ai riscontri e alle indagini dei carabinieri e alle contestazioni mosse dalla Procura di Catania. Prima del processo, il 9 aprile scorso i legali della Patti hanno ricordato che per la difesa sussisterebbero troppi dubbi. Da qui le contestazioni che costituiscono alcune delle ragioni dell’appello.

