Mascalucia, omicidio piccola Elena: l'orrore nel processo d'appello

Mascalucia, l’omicidio della piccola Elena: l’orrore nel processo d’appello

Ha presentato ricorso la difesa, udienza il prossimo 14 aprile
VIOLENZA E DOLORE
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CATANIA – L’appuntamento in aula è già fissato. Tra poco meno di un mese, il 14 aprile, dinanzi alla Corte d’assise d’appello, si aprirà il giudizio di secondo grado sulla mamma della piccola Elena Del Pozzo, una bimba di soli 4 anni. Martina Patti, condannata in primo grado a 30 anni, ha fatto ricorso.

La donna, rea confessa dell’assassinio della figlia, ha impugnato il verdetto. La difesa, del resto, lo aveva già lasciato intendere al momento del verdetto, emesso dalla Corte d’assise catanese. Il ricorso è stato depositato il 25 novembre scorso.

Il movente del delitto

Secondo i giudici di primo grado, la donna uccise la figlia perchè la sua presenza in qualche modo ostacolava i suoi progetti, lei che voleva rifarsi la vita con un altro uomo, dopo la separazione con il suo ex. E perchè la piccola si stava legando alla nuova compagna del papà.

La difesa, invece, ha sempre respinto gli ipotetici moventi e sostenuto che fosse da approfondire la capacità d’intendere e di volere della Patti al momento dei fatti. Il 14 aprile sarà già una giornata importante, perchè il giudizio si aprirà con la relazione dei giudici, poi le richieste delle parti.

Il verdetto di primo grado

Nella sentenza di primo grado, la Corte presieduta da Sebastiano Mignemi aveva inflitto, nel dettaglio, 28 anni per omicidio, 1 anno e 6 mesi per occultamento di cadavere e 6 mesi per simulazione di reato. In tutto, per l’appunto, 30 anni.

Il primo commento insoddisfatto al primo verdetto, a caldo, fu della famiglia della piccola Elena, che si aspettava l’ergastolo. I Del Pozzo erano presenti come parte civile e il papà della bimba è stato anche uno dei testimoni del processo.

La confessione

L’imputata come detto ha ammesso le proprie colpe poche ore dopo l’assassinio e al termine di un serrato interrogatorio in caserma. Inizialmente aveva tentato invano di convincere i carabinieri che la bimba fosse stata rapita. Ma i militari hanno scoperto una dopo l’altra la lunga sequela di bugie. Fino a quando non è crollata, accompagnando i militari sul luogo dove aveva seppellito la figlia.

La piccola Elena fu uccisa con un’arma da taglio. I giudici hanno riconosciuto all’imputata le attenuanti della “confessione” e della “giovane età” dell’indagata. L’aggravante: la premeditazione.


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