“Comandavo il clan dal carcere grazie al cellulare e due sim”

Aveva due schede sim e un cellulare che gli permettevano di comandare dal carcere di Siracusa. Salvuccio Bonaccorsi avrebbe così ‘retto’ le file dei ‘Carateddi, frangia del clan Cappello, fino alla sua decisione di diventare collaboratore di giustizia (poi seguita dal padre Concetto, capo bastone della famiglia mafiosa) alla fine del 2017. A quel punto il telefonino lo ha consegnato ai magistrati della Dda etna. È questo uno dei passaggi dell’audizione nel processo d’appello Tricolore, dove sono imputati i gestori di una piazza di spaccio a San Berillo Nuovo che farebbe capo ai ‘Cappello-Carateddi”. Una piazza di spaccio indicata con la bandiera americana per distinguerla da quella dei Cursoti Milanesi che invece aveva issato i colori del Milan. Il pentito ha risposto alle domane del pg Angelo Busacca principalmente sulla posizione del cugino Concetto Bonaccorsi – figlio di Ignazio – su cui pende il ricorso della procura dopo l’assoluzione del gup. Il collaboratore ha spiegato di il parente una volta uscito dal carcere avesse raccolto attorno a sé alcuni “ragazzi” di San Berillo Nuovo. Una condotta che non piacque molto a Salvuccio Bonaccorsi. E infatti nacquero dei dissidi in quando – a dire del pentito- Concetto Bonaccorsi non avrebbe avuto il potere di affiliare. Alla fine però, le ‘affiliazioni’ vennero “ratificate” dai Carateddi. E così Cristian Monaco fu delegato a gestire la piazza di spaccio. Il collaboratore poi è stato esaminato dal difensore di Concetto Bonaccorsi, l’avvocato Salvo Leotta, e da quello di Monaco, l’avvocato Salvatore Pappalardo. La Corte d’appello ha rinviato al prossimo 23 giugno: in quella data ci sarà la requisitoria del magistrato Busacca. Poi sarà fissato il calendario per le difese.