CATANIA – Da rapinatore e trafficante con 5 condanne annotate dai magistrati, a mediatore finanziario “illecito”, per la gestione di centinaia di migliaia di euro di fondi covid. Gabriele Santapaola, fratello di Francesco ‘Coluccio’, è ritenuto “membro di spicco del clan”: avrebbe falsificato le pratiche per ottenere i soldi anche attraverso prestanome. Con la complicità di un carabiniere: il brigadiere capo Paolo Marragony.
Non solo “chioschi” e “paninari”, nel lungo elenco dei finanziamenti finiti nel mirino dei magistrati spuntano, tra i tanti, il cugino, il cognato, la suocera di Santapaola, un fioraio che ottiene un finanziamento da 175mila euro, un meccanico, il figlio di un pregiudicato e molti altri.
Il profilo
I magistrati ritengono che Gabriele Santapaola sia un “membro di spicco del clan Ercolano Santapaola”, mantenendo una “posizione apicale”: è indagato per associazione a delinquere con l’aggravante del favoreggiamento. La “fama criminale” gli avrebbe consentito di “avvalersi” di consulenti fiscali come Michele Pilato, “radiato” dall’ordine dei commercialisti nel 2016, “per assicurare un adeguato sostegno finanziario al gruppo da lui capeggiato”.
Un fiume di soldi
Gabriele Santapaola sarebbe stato in grado di gestire notevoli flussi finanziari, con singole operazioni che consentivano un “guadagno da 25mila euro al mese”. Soldi da dividere tra chi partecipava al sistema. Il grande affare di Santapaola sarebbe stato la gestione “fraudolenta” delle pratiche di finanziamento, come quella di Giancarlo Mirabella, portata avanti anche con il carabiniere Paolo Marragony.
Dalla gestione della pratica, alla firma del finanziamento. Dalle indagini emerge che Santapaola sarebbe stato un vero e proprio “mediatore” finanziario delle richieste “illecite” di fondi “covid”.
L’interessamento dell’ex rapinatore avrebbe consentito di velocizzare le pratiche per ottenere liquidità. Dopo l’accreditamento dei fondi, Santapaola controllava anche la movimentazione del denaro, organizzando i prelievi.
Il ruolo del carabiniere
Paolo Marragony avrebbe falsificato e creato la documentazione mentre Pilato avrebbe “curato” la presentazione delle richieste di finanziamento. “Questo schema operativo – scrivono i magistrati – dimostrava il ruolo di vertice ricoperto da Santapaola”. Un occhio vigile sulle pratiche, come quando si fermava un finanziamento in banca, al viale Africa ed era presente “la finanza” in filiale: Gabriele Santapaola sapeva sempre tutto.
I magistrati sostengono che Santapaola avesse anche diversi “prestanome”, proprio per questo motivo, gestiva direttamente, insieme al carabiniere, le sim telefoniche associate ai codici dei finanziamenti.
Un fiume di soldi
Numerose le pratiche, la “agricola”, la pratica “Taverna”, un mutuo per un fioraio da 175mila euro e un lungo elenco di richiedenti tra i quali spiccano imprenditori e commercianti.
Santapaola “coordinava” un esercito di “soggetti intestatari fittizi delle pratiche di finanziamento”. Un’attività frenetica, viene intercettato mentre a Sebastiano Montagno Bozzone dà indicazioni su come sistemare i fascicoli, anche “senza coinvolgere il commercialista”. Controllava gli indirizzi delle sedi legali, le attestazioni e le tempistiche di restituzione delle rate di finanziamento, per fare accreditare i fondi covid.
Questioni di famiglia
Tra le pratiche spicca quella della moglie del cugino di Santapaola, Alfio Romeo, sempre a valere sui fondi covid. In questo caso l’indagato interviene dopo il rigetto della pratica, spiegandone le motivazioni, da vero esperto: “Aveva un rating molto alto”. Ecco la soluzione: cambiare banca. Altro cugino, un meccanico, Giuseppe Catalano, altra pratica, stesso discorso per un certo “Noè”, per Salvatore Calcò, “figlio del pregiudicato – scrive la procura – Giuseppe Calcò”, per la “suocera” e il “cognato”. Santapaola organizza le “carte”, a partire dalla “dichiarazione dei redditi” dei richiedenti, va in banca e acquisisce i codici dei finanziamenti, anche senza andare personalmente negli istituti di credito, ma basandosi sui propri contatti.
A conti fatti, in pochi mesi Gabriele Santapaola avrebbe gestito, insieme agli altri indagati dell’operazione Lockdown, pratiche per 380 mila euro. Unicredit, estranea all’inchiesta, ha collaborato avviando le verifiche su 13 fascicoli. I soldi venivano accreditati, ma poi è intervenuta la Procura e gli indagati sono 15.