Università “bandita” e Consulta, legale: “Per noi reato non sussiste”

“Università bandita” e Consulta, il legale: “Per noi il reato non sussiste”

Il professore Giovanni Grasso difende numerosi imputati

CATANIA – “Per quanto mi riguarda, per i miei assistiti, chiederò l’assoluzione perché il fatto non sussiste, non perché non più previsto come reato”. Il professore e penalista Giovanni Grasso assiste numerosi imputati del processo cosiddetto “Università bandita”, su presunti concorsi truccati all’università di Catania.

Tra i suoi assistiti, figura l’ex rettore Giacomo Pignataro e i direttori di dipartimento Roberto Pennisi e Maria Antonietta Paino. Il processo è bloccato da novembre, da quando la Procura di Catania ha chiesto al Tribunale un ricorso in via incidentale alla Corte Costituzionale sulla legge che ha abrogato il reato di abuso d’ufficio.

La pronuncia della Consulta

Notizia di questi giorni è che la Consulta ha respinto il ricorso, confermando, di fatto, la cancellazione del reato. La Corte, che ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate, ha ritenuto che “dalla Convenzione non sia ricavabile né l’obbligo di prevedere il reato di abuso d’ufficio, né il divieto di abrogarlo ove già presente nell’ordinamento nazionale”. Il reato, in pratica, non è più ottemperato dalla legge. “Ma non è questa – spiega il professore Grasso – la via perseguita dalla difesa“.

“Dunque, bisognerà attendere la motivazione, che sarà depositata in tempi rapidi, poi da quel momento cessa la causa di sospensione della prescrizione – afferma il professore –. A quel punto il Tribunale dovrà fissare una nuova udienza, siamo nella fase delle repliche, e ritengo che in un paio di udienze si possa arrivare a sentenza. Ma per noi non cambia molto”.

La strategia della difesa

A questo punto Grasso annuncia che chiederà per i suoi assistiti l’assoluzione con formula piena, perché proprio il Tribunale sia chiamato a giudicare la sostanza dei fatti e ritenere insussistente l’accusa. “Noi avevamo già ritenuto questo ricorso irrilevante, proprio per questa ragione – sottolinea – perché a nostro avviso la fattispecie dell’abuso d’ufficio non poteva configurarsi in relazione alla condotta dei nostri assistiti”.

L’abuso d’ufficio, va ricordato, al processo “Università bandita” è l’accusa principale, considerato che è già caduta, di fatto, l’ipotesi di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente. “L’ipotesi – spiega ancora il professore Grasso – è caduta perché c’è giurisprudenza della Corte di Cassazione che esclude che sia applicabile; e il tribunale lo ha già riconosciuto”. Dunque ora si tornerà in aula, presumibilmente entro un paio di mesi.

Il processo

A giudizio, ci sono 51 imputati, per cui il pm ha chiesto 39 condanne e 12 assoluzioni. Il processo segue l’inchiesta della Digos di Catania, che nel 2019 portò alle dimissioni dell’allora rettore Francesco Basile. Sostanzialmente, l’ipotesi dell’accusa era che alcune cattedre fossero state assegnate “a tavolino”. Ma il verdetto spetterà ai giudici.


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