C'era una volta Forza Italia | Acque agitate in Sicilia - Live Sicilia

C’era una volta Forza Italia | Acque agitate in Sicilia

Il partito di Berlusconi anche nell'isola mostra segnali di sofferenza. Il duello tra i berlusconiani doc e il gruppo di Romano vicino a Fitto. Fuori dalla mischia l'anima ex An che rappresenta però uno zoccolo duro.

PALERMO – “In Sicilia Forza Italia ripartirà dal 30 per cento”. La promessa-auspicio di Gianfranco Miccichè, pronunciata una settimana fa in una sala non esattamente straripante, stride con lo spettacolo offerto negli ultimi mesi da un partito ridotto all’ombra di ciò che era stato negli anni d’oro del berlusconismo. In Sicilia come altrove, Forza Italia naviga in acque agitate, e malgrado gli sforzi per rivitalizzare il partito un tempo pilastro dell’invincibile armata del 61 a 0, l’impressione è che la navicella azzurra rimanga ancora in alto mare. L’ultima mossa per il rilancio è stata quella battezzata una settimana fa, con l’apporto dei club “Forza Silvio”. Un battesimo che ha visto insieme il coordinatore Enzo Gibiino e il redivivo Miccichè, ma anche altri protagonisti vecchi e nuovi della galassia azzurra, come Franco Mineo, ex deputato regionale condannato in primo grado nel giugno scorso e il leggendario ex dipietrista Domenico Scilipoti.

L’asse Gibiino-Miccichè si è rinsaldato nelle scorse settimane, anche in risposta all’opa lanciata sul partito da Saverio Romano, vicinissimo al ribelle azzurro Raffaele Fitto. Romano è un forzista della seconda ora dopo lunghi anni da leader nell’Udc ai tempi di Totò Cuffaro e poi da fondatore e leader indiscusso del Cantiere Popolare, che ancora all’Ars ha un suo gruppo autonomo (uno dei tre, sì proprio tre, che a Sala d’Ercole nella dicitura ufficiale ha un riferimento a Forza Italia). Al fianco di Fitto si batte per un partito più “dal basso”, più vicino al territorio e meno ancorato all’antico schema del partito-azienda con vertici nominati dall’alto e fedelissimi del Capo ai posti di comando. Romano ha contestato la legittimità delle ultime nomine dei coordinatori, e nei territori i gruppi “fittiani” continuano a muoversi come un corpo a se stante.

Ben fuori dalla sfida Gibiino-Romano si colloca Nello Musumeci. Candidato alla presidenza alle scorse regionali, ha pagato le divisioni del centrodestra alle urne. Anche il suo (mini) gruppo all’Ars ha nella sua dicitura l’espressione “verso Forza Italia”. Il viaggio è evidentemente lungo, visto che da mesi i tre gruppi all’Ars, con relativi costi a partire dall’indennità del capogruppo, continuano a coesistere. In questo viaggio Musumeci si muove forte di un carisma indiscusso. Sarà di nuovo il suo il nome su cui il centrodestra punterà al prossimo giro? Troppo presto per dirlo. Intanto, il presidente dell’Antimafia ha inaugurato un ciclo di incontri sul territorio regionale, partendo da Palermo, con lo slogan provocatorio “da buttanissima diventerà bellissima”.

Tutte manovre che hanno anche il sapore della campagna elettorale, in vista di un voto solo sulla carta ancora lontano. Le fibrillazioni romane non fanno escludere elezioni anticipate per il Parlamento nazionale. Che potrebbero trascinare anche un voto anticipato per l’Ars. Quale centrodestra si presenterebbe a un appuntamento del genere? Nessuno lo sa. I rapporti con i “cugini” alfaniani restano complicatissimi, Miccichè dispensa veleno sul suo rivale Angelino a ogni occasione, e il futuro del Nuovo centrodestra, che la settimana prossima dovrebbe costituire gruppi unici a Camera e Senato con l’Udc resta ancora una grossa incognita in Sicilia. Altrettanto incerto il futuro di quel che resta dell’Mpa di Lombardo. Diversi ex autonomisti hanno già fatto le valige trasferendosi dalle parti dell’Udc o del centrosinistra, così come hanno fatto altri pezzi del vecchio centrodestra. Lo svuotamento nel territorio che si è consumato negli ultimi anni è impressionante. Basterebbe elencare alcuni nomi transitati negli anni verso le sponde del centrosinistra per farsi un’idea, da Nello Dipasquale a Michele Cimino. Un indebolimento che non ha portato però i sopravvissuti del centrodestra a serrare le fila, anzi. Basta vedere lo spettacolo offerto all’Ars per l’elezione del vicepresidente, dopo l’elezione a Strasburgo di Salvo Pogliese. Settimane e settimane di conciliaboli, trattative e rinvii senza riuscire a trovare uno straccio d’accordo su un nome.

E se i rapporti con gli alleati sono tutti da capire, anche gli equilibri interni a Forza Italia, come detto, vanno definiti. I giochi sono aperti tra l’anima delle origini, quella dogmaticamente berlusconiana, rappresentata dal leader del tempo che fu Miccichè e da Gibiino, che continuan a puntare sul brand Silvio, quella democristiana di Fitto e Romano più orientata verso un partito strutturato, e quella degli ex An, che tendono a rimanere fuori dalle polemiche interne ma rappresentano ormai lo scheletro robusto del gruppo parlamentare forzista all’Ars (e non solo lì, visto il grande risultato di Pogliese, candidato di quell’area, alle ultime Europee).

Questo il quadro complicatissimo in cui dovrebbe costruirsi, con un Reenzi di mezzo a drenare voti ex moderati, la rinascita azzurra annunciata da Miccichè. E quel trenta per cento distante nove punti dal risultato ottenuto nell’Isola da Forza Italia alle Europee di quest’anno.

 


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