SAN GREGORIO – La Corte d’Assise di Catania per un giorno ha lasciato le aule di giustizia e si è trasferita alla villa di Salvatore Di Grazia, luogo dove secondo il pm Angelo Busacca sarebbe avvenuto l’omicidio di Mariella Cimò, la consorte dell’ultrasettantenne scomparsa nel 2010. Un delitto senza cadavere però, perchè nonostante georadar e ispezioni i carabinieri non hanno mai trovato il corpo di Mariella. E per il marito (ed è anche la tesi della difesa) la moglie per scelta si è allontanata attraverso le campagne che circondano il giardino dell’abitazione di San Gregorio di Catania. Percorsi che non sarebbero stati inquadrati dalle telecamere del sistema di videosorveglianza dei La Ferlita, i vicini di casa. Dalle registrazioni infatti si vede Mariella Cimò entrare a casa ma mai uscirne.
Ed allora i giudici hanno voluto vedere con i propri occhi e dunque valutare la possibilità di poter lasciare la villa dai passaggi suggeriti proprio da Salvatore Di Grazia. Presenti alla “perlustrazione” di sabato mattina il collegio giudicante, il pm Angelo Busacca, le parti civili e l’avvocato difensore Giuseppe Rapisarda. Per avere una visione completa i giudici si sono affacciati prima dalla balconata della villa e poi con un Di Grazia che ha fatto da “cicerone” hanno scandagliato alcune delle possibili “vie di fuga” indicate proprio dall’imputato. Dietro il settantenne i carabinieri della Compagnia di Gravina che con una telecamera hanno registrato ogni passo.
E si va così da quella possibilità di poter accedere al terreno adiacente attraverso un grosso albero di fico che farebbe da sostegno. Oltre ad un viottolo che permetterebbe di raggiungere l’area sottostante attraverso una collinetta e di arrivare alla strada asfaltata almeno cento metri più avanti rispetto alla zona coperta dalla telecamera dei vicini di casa. Si è arrivati, inoltre, fino alla villa adiacente circondata da alcuni terrapieni alti almeno quattro metri composti da pietra lavica e cemento armato. L’ispezione è proseguita nella proprietà dei La Ferlita, dove è stata verificata la presenza di sterpaglie e rovi.
Sarà la Corte a valutare a questo punto quanto hanno visto, studiando anche le registrazioni realizzate dai carabinieri. Altri due sono stati i punti affrontati durante questa “singolare udienza” e cioè la distanza tra la stanza della cameriera dei La Ferlita e la casa dei Di Grazia e, secondo, la possibilità di far entrare in macchina l’enorme vasca che il giorno della scomparsa l’imputato comprò e – come dimostrano le videoriprese – portò alla villa trasportandola sul tetto della vettura. Un massello che mai fu ritrovato.
La colf dei vicini di casa era stata convocata come teste, ma non è mai stata rintracciata per poter testimoniare. Quando fu sentita nella prima fase delle indagini raccontò che ogni mattina dalla sua camera da letto sentiva la voce di Mariella Cimò, ma quella mattina di agosto non fu così. La distanza che divide la stanza dalla villa è di circa 50 metri.
E’ stato inoltre verificato che abbassando i sedili la vasca entra perfettamente nella vasca di Di Grazia. Un elemento che per la difesa è un punto di discolpa, in quanto se avesse voluto nascondersi dalle telecamere non lo avrebbe di certo posizionato sul tetto ma lo avrebbe nascosto all’interno dell’abitacolo. Per il pm invece confermerebbe la ricostruzione secondo cui quel mastello sarebbe servito per trasportare il cadavere.
Non sono mancati i fuori programma durante la perlustrazione: come momenti di tensione tra Salvatore Di Grazia e il nipote di Mariella Cimò, Massimo Cicero, uno dei familiari che si sono costituiti parte civile nel procedimento.
Domani si torna in aula: si continua con i testi della difesa. Sarà ascoltata la giornalista di Quarto Grado Ilaria Mura, oltre ad alcuni avvocati civilisti che faranno il punte sulle intestazioni di Salvatore Di Grazia.