PALERMO – Cocaina purissima e affari d’oro. Due elementi su cui si concentrano gli investigatori dopo il blitz della squadra mobile di Palermo che ha arrestato cinque presunti spacciatori. Erano pronti a soddisfare, h24, le richieste dei clienti.
Si guarda oltre la rete di pusher per scoprire chi ci sia dietro il lavoro sporco di Stefano Macaluso, Antonino Di Betta, Danilo Biancucci, Giovanni Fiorellino e Alessandro La Dolcetta. Hanno tutti precedenti penali tranne Di Betta. Si muovevano parecchio alla Zisa, rione dove è facile comprare la roba.
Mediamente un grammo di cocaina può contenere una percentuale di principio attivo che varia dal 20% all’80%. La rete scoperta dai poliziotti viaggiava al top, con punte dell’89%. I clienti, molti dei quali professionisti, erano parecchio esigenti. L’eccezione che conferma la regola è rappresentata dalle lamentele registrate dalle intercettazioni nell’unica volta, fra le migliaia ricostruite, in cui la cocaina era di scarsa qualità, come la “birra sventata”.
Chi controlla il mercato della droga, quali sono i canali di rifornimento? Ballarò, Falsomiele, Guadagna, Zisa: le piazze sono quelle di sempre. La novità è che il controllo di Cosa nostra si fa più stringente. I boss gestiscono in prima persona tutta la filiera, dagli acquisti all’ingrosso allo spaccio. La droga è tornata ad essere la principale fonte di guadagno per i clan. Il pizzo non basta più.
Già nel 2011 in occasione denominato Pedro venne fuori che i boss di Porta Nuova allora l’uomo forte era Tommaso Di Giovanni – avevano organizzato una propria rete di spacciatori, molto attivi alla Zisa. Lo stesso dato saltò fuori nel 2014 quando un ruolo chiave era rivestito da Teresa Marino, moglie del boss Tommaso Lo Presti.
L’ultimo blitz di martedì ha fatto fatto emergere un volume d’affari di 300 mila euro al mese. Un chilo di cocaina venduta in trenta giorni. Mille clienti, migliaia di ordinazioni. Possibile che i clan mafiosi, assetati di danaro, nulla sapessero del giro di soldi?